Domenica 2 Novembre

LA CASTAGNATA DEL VIAGGIATORE –
Cristina ci porta alla scoperta di Montepiatto

Il successo dell’anno scorso ci porta a riproporla. Sarà un bellissimo momento di incontro con possibilità di chiacchierate su viaggi passati, presenti e futuri, con il coronamento di una bella passeggiata. Diversamente dall’anno scorso andremo in caccia di castagne. Uniremo il piacere della castagnata ad una escursione alla portata di tutti, anche mia. Riandremo a Brunate con la funicolare di Como. Da lì prenderemo il sentiero per Monte Piatto e, all’attraversamento dei boschi di castagne, faremo il pieno. Durante il percorso troveremo il posto giusto dove ce le faranno andare arrosto e potremo ristorarci con qualche specialità locale. Alla fine del sentiero ci troveremo sul lago, dove un battello ci riporterà a Como per il rientro.

Programma

Ore 9.55 – All’imbarco per Torno

A Piazzagra Crotto con possibilità di spuntino

Ore 16.30 – Da Torno il battello per Como

Rientro per sera

Ore 8.43 – Cadorna treno per Como

 

Spesa prevista

Funicolare solo salita

Battello da Torno a Como

Pranzo o al sacco, o presso trattoria locale, mancia per cottura castagne

 

Descrizione del percorso (da Supereva) – La discesa da Brunate a Torn

Un itinerario, che si può seguire partendo ed arrivando sul lungolago di Como, adatto anche ai meno preparati, collega Brunate con Montepiatto a mezza costa.
Dopo una corsa un funicolare (biglietto di sola salita), che permette di godere uno stupendo panorama, alla stazione di Brunate si scende la scala a destra della vettura e usciti dalla barriera girevole, si va giù sino alla strada asfaltata dove, girando a destra in direzione San Maurizio, dopo 50 metri, all'altezza della fontana pubblicitaria, si prende sinistra la via Nidrino in leggera discesa.
Lasciata a destra la via Monte Rosa si prosegue sino al campo di calcio e passatolo, a sinistra del cancello carraio n. 18, si imbocca un sentiero tra boschi di castani.
Solo questa prima parte del tragitto è un po' disagevole nonostante il sentiero sia oggeto di attenta manutenzione da parte di generosi volontari.
Dopo circa 20' si incrocia la mulattiera che sale dai monti di Capovico (frazione di Blevio), proseguendo diritti lungo un sentiero in piano, si passano alcuni ruscelli, in uno dei quali si incrocia una mulattiera (40').
Il primo insediamento umano del percorso è a monti di Sorto (55'), qui si incrocia la mulattiera che sale da Blevio il cui proseguimento porta alla prea de Nairola
circa 100 metri più in alto, mentre pochi metri sopra il nostro sentiero vi è una cappelletta dedicata alla Madonna del Rosario colma di ex voto. Il luogo di culto, che gode di una vista molto bella, si adatta perfettamente ad una piccola sosta di ristoro.
Si prosegue in piano lungo un prato. Passata una valletta, nella quale in inverno spesso si formano stalattiti di ghiaccio, dopo un grosso masso erratico che crea una piccola grotta, si giunge ad un altro agglomerato di case.
Un'altra insenatura e tra gli edifici dei monti di Cazzanore troveremo l'unica biforcazione del percorso che potrebbe indurre in errore (1h 15').
Si prende a destra in leggera salita a fianco di alcune case in disuso, si entra presto in un'altra piccola valle dopo la quale si incontra una costruzione il cui un muro a secco di sostegno di sostegno pare esagerato.
Pochi minuti e si intravvedono nella boscaglia le prime case di Montepiatto, poi si raggiunge la mulattiera proveniente da Torno (1h 30'), a destra, dopo pochi gradini in salita, si arriva in paese.
A Montepiatto vale la pena di visitare la chiesa per il notevole panorama e la pietra pendula, un masso erratico in posizione Si può proseguire con la carreggiabile per Piazzaga, il cui nuovo crotto è valido anche se minuto e da li, con un sentiero disagevole, anche per Molina. Su una deviazione della bella mulattiera Piazzaga-Torno si trovano tre massi avelli.
A Montepiatto ci si poteva fermare, per un meritato riposo, alla trattoria da Rinaldo, purtroppo ora è chiusa. Si può tuttavia scendere a Torno per una strada carraia o per una più breve mulattiera e questo è l'unico punto del percorso che affrontato senza un minimo di preparazione vi lascerà per ricordo qualche dolore alle gambe.
Raggiunte le prime case di Torno, nelle località Perlasca e Caraniso, si trovano due massi-avello. Per vedere il primo occorre prendere il sentiero a sinistra alla cappella mentre il secondo è un paio di metri a sinistra degli ultimi gradini. Queste tumulazioni, scavate in grandi trovanti, sono d'epoca imprecisata, forse preromana. Un occhio distratto le può scambiare per abbeveratoi perchè le coperture sono andate perse e sono sempre piene d'acqua.
Nel paese di Torno si sceglie, per il rientro, tra la corriera, che ferma sulla provinciale, ed il battello, molto più pittoresco, da prendere al pontile della bella piazza-porto.
Per gli orari del battello è opportuno informarsi alla partenza, leggendo quelli esposti a Como su tutti i pontili della navigazione. Uno è proprio di fronte alla stazione della funicolare.
Buon divertimento.

Descrizione del percorso - L’Anello di Torno/Montepiatto

Arrivate comodamente a Como con il treno delle Ferrovie Nord, che vi deposita a poche decine di metri dal Lungolago, e se il battello in partenza per Torno vi lascia qualche tempo di attesa approfittatene per fare una bella colazione nel signorile bar-pasticceria che si affaccia sulla piazza principale di fronte all'imbarcadero. Il battello vi porterà in pochi munuti nel grazioso porticciolo di Torno, uno dei più caratteristici paesi che si affacciano su questo tratto di lago (foto 1). Risalite tranquillamente le antiche viuzze che si snodano nel centro storico e superate la Statale che divide in due l'abitato. L'inizio del sentiero per Piazzaga non è molto chiaramente indicato, ma non vi sarà difficile individuarlo se chiedete a qualche abitante: lo conoscono tutti. L'ampia mulatiera procede in leggera salita (foto 2), affiancata da campi terrazzati e vecchi cascinali e offrendo vasti scorci panoramici sullo scenario del lago in direzione nord (foto 3). Dopo aver superato un arco in pietra di probabile origine romana (foto 4) il sentiero si addentra in una suggestiva piccola valle dalla vegetazione lussureggiante. Si giunge un ponte in pietra che scavalca uno spumeggiante torrente: le ripide pareti rocciose suggeriscono quel tipo di paesaggio che piaceva ai grandi artisti romantici, come Kaspar Friedrich, che ne avrebbe tratto dei disegni stupendi. Oltre il ponticello ci si trova di fronte a un bivio: qui vale la pena di fare una deviazione e prendere a sinistra per andare a vedere certi curiosi 'massi avelli' ricavati in grandi massi erratici che si trovano numerosi in questa zona. In questi massi sono scavati dei sepolcri, il più imponente dei quali misura oltre 180 per 80 cm. Tornando poi indietro al bivio del ponte si riprende il sentiero che in circa mezz'ora porterà all'alpe Piazzaga ( 550 m.). Qui c'è anche una rustica trattoria, dove, se non è troppo affollata, potrete fare sosta per il pranzo. Da Piazzaga la mulattiera prosegue per il Montepiatto (610 m.), un grazioso pianoro il cui punto più suggestivo è senza dubbio lo spazio che circonda la chiesa e da cui si gode una vista bellissima su tutto il lago. Per tornare a Torno (scusate il garbuglio di parole), se non volete rifare lo stesso sentiero dell'andata, prendete il sentiero che scende sul versante occidentale del monte e in meno di un'ora sarete rientrati alla base. E' una passeggiata veramente bella, panoramica, adatta a tutti, anche a famiglie con bambini.


 

La pietra Nairola

La Pietra Nairola è un'enorme tavola piatta di granito ghiandone orizzontale, molto sporgente dal pendio della montagna. Proveniente dalla Val Masino, è posta a 750 m. di quota. Dalla frazione di Mezzovico, in Comune di Blevio, si sale per una mulattiera alla cappella della Madonna. Il masso si trova un centinaio di metri sopra la cappella, lungo il vecchio sentiero che dal Pissarottino di Brunate va a Monte Piatto.

Il territorio lariano e, in particolare la zona del Triangolo Lariano, sono caratterizzati dalla presenza dei cosidetti "massi erratici" o "trovanti". Le grandi colate glaciali, che a più riprese durante il Quaternario scesero dalle Alpi fino ai margini dell'alta pianura, trasportavano enormi quantità di detriti rocciosi derivati dall'attività di escavazione e di abrasione delle rocce su cui passavano. Quando il clima ritornava ad essere più mite, il ghiaccio fondeva e questo materiale - costituito da massi, ghiaie, sabbie ed argille - veniva abbandonato a formare i depositi morenici. Gli erratici sono invece massi isolati, di notevole dimensioni, anch'essi trasportati e depositati da ghiacciai; in genere sono costituiti da graniti, gneiss o serpentini provenienti dalla Valtellina o dalla Valchiavenna, quindi da rocce diverse da quelle prealpine calcaree. Fu il naturalista Antonio Stoppani nel secolo scorso a intuirne per primo l'origine, che espose in un suo scritto "...sul dorso dei colli, sui fianchi dei monti, sui margini dei laghi... dappertutto... vedrete o solitari, o in gruppi fantastici, o allineati in modo mostruoso... pezzi enormi di graniti, di porfidi, di serpentini, di rocce alpine di ogni genere evidentemente divelti dai monti lontani portati giù, a centinai di miglia di distanza e posti a giacere così rudi e informi, ove possono meglio stupirci...". Quello dei trovanti è un argomento pieno di risvolti storici, culturali, economici; le loro dimensioni, la loro "diversità" rispetto alle rocce su cui poggiano, hanno incuriosito e attratto l'uomo fin dall'antichità. Molti trovanti sono stati oggetto di incisioni preistoriche, soprattutto in forma di coppelle, ovvero piccole concavità scavate nella roccia, di significato ancora incerto, forse rituale. Particolarmente interessante sono i massi avelli, misteriose tombe probabilmente preistoriche a forma di vasca scavate nei massi erratici che costituiscono una singolarità della nostra zona. Molte epigrafi romane e paleocristiane sono incise su are, cippi o stele ricavate dai trovanti: nei secoli tali rocce vennero pure utilizzate come materiale da costruzione o per elementi ornamentali di case e chiese, per manufatti vari come macine da cereali, olive, sale. Ai trovanti sono pure legate storie e leggende di Santi, diavoli, folletti, maghi e streghe. Alcuni tra i massi erratici più notevoli sono stati dichiarati "Monumenti Naturali" della regione Lombardia, con l'intento di tutelarne l'integrità. In particolare, la zona di Montepiatto, sopra Torno, è ricca di trovanti di cui i più notevoli sono la Pietra Pendula e la Pietra Nairola (Monumenti Naturali regionali).La prima, in comune di Torno, è un blocco di granito ghiandone poggiato su uno stretto pilone calcareo, forse assottigliato ad opera dell'uomo; la seconda invece, in comune di Blevio, è una tavola sempre di ghiandone, che sporge dal pendio. Altri trovanti sono invece trasformati in massi avelli (Avello del Maas, Avello di Rasina, Avello delle Piazze, Avello Negrenza, Avello delle Cascine di Negrenza). 

Pietra Nariola (Blevio) - Monolito di circa metri 7,4 x 4,5 che sembra sospeso su un sentiero dominante il primo bacino del Lario. Attorno a questa pietra esistono due leggende diverse, o più esattamente una tradizione di maggiore antichità che e stata modificata in epoca cristiana. La prima narra che sulla Pietra Nariòla stava il diavolo: di fronte, su un altro monolito (andato purtoppo distrutto), un suo compagno ed insieme giocavano a palla rimandandosela l'un l'altro tanto che un'impronta emisferica sarebbe rimasta sul trovante demolito. La leggenda cristiana giustificherebbe la posizione del masso, sporgente una ventina di metri, con un intervento della Vergine che l'avrebbe trattenuto con il suo mantello.

I MASSI ERRATICI O 'TROVANTI'

Così li definisce Antonio Stoppani nella pubblicazione 'Valsassina e il territorio di Lecco':

"Portatevi a Valmadrera e già sul dorso dei colli, sui fianchi dei monti, sui margini dei laghi, sui cigli dei precipizi pù paurosi, dappertutto, dico, vedrete o solitari, o in gruppi fantastici, o allineati in modo mostruoso, flangi, pezzi enormi di graniti, di porfidi, di serpentini, di rocce alpine di ogni genere, evidentemente divelti dai monti lontani, portati più giù a centinaia di miglia di distanza e posti a giacere così rudi e informi, ove possono meglio stupirci".

Per millenni i massi erratici hanno alimentato la fantasia popolare perché la teoria delle glaciazioni è stata messa a fuoco solo nel corso della seconda metà dell'800 e pertanto non si poteva dare spiegazione ragionevole all'enigma costituito dasentiero ai  Corni di Canzo questi massi di incredibili dimensioni e peso la cui struttura rocciosa era di sicura provenienza alpina e non aveva niente a che vedere con le rocce e il suolo circostante. Come mai ad esempio un masso del tipico granito della Valmalenco si potesse trovare in una zona del lago di Como a circa 200 km di distanza !! Un enigma, un mistero fascinatorio che si legò all'idea della magia, dell'intervento divino o diabolico, terrifico o propiziatorio, ma comunque soprannaturale. Innumerevoli sono le leggende fiorite intorno ai 'trovanti' che vedono protagonisti Dio, i santi, la Madonna o il perfido Lucifero; qualcuno in uno sforzo più razionalistico arrivò a ipotizzare una pioggia di meteoriti da spazi siderali, oppure un'esplosione delle Alpi che avrebbe 'sparato' come palle da cannone questi massi in giro per le Prealpi. Nel corso dei secoli i massi erratici furono dunque oggetto di culti di vario tipo; su alcuni si trovano incisioni a forma di coppelle emisferiche, cerchi o spirali, canaletti e simboli vulvari: segni comunque di dubbiosa interpretazione, che suggeriscono una funzione come are sacrificali.


Oggi sappiamo che per capire la formazione dei massi erratici dobbiamo riferirci alle alternanze delle glaciazioni avvenute nell'ultima era geologica (detta anche era Quaternaria), durante il Pleistocene, che iniziò circa 2 milioni di anni fa. In certi periodi la temperatura sulla Terra si abbassò di qualche grado (ma su scala mondiale) determinando l'espansione dei ghiacciai, che arrivarono a coprire fino a una superficie pari al 32% delle terre emerse (comprendendo anche i Poli); con il rialzo successivo della temperatura si aveva poi il conseguente ritiro dei ghiacciai (sulla causa di queste variazioni di temperatura c'è tuttora incertezza !). Si ritiene che le principali glaciazioni siano state 4 con tre fasi interglaciali, mentre la quarta è il postglaciale nel quale viviamo (Olocene). Nell'epoca glaciale il ghiacciaio dell'Adda che scendeva dallo Stevio invadeva la Valtellina e si univa a quello dello Spluga e della Valchiavenna proseguendo poi verso sud fino a intersecarsi con i ghiacci del Lago di Como, con uno spessore di oltre 1.500 m. e una lunghezza di 200 km circa. Ritirandosi lasciò depositati sul fondo i materiali trascinati con sé nel suo lungo percorso (morene): dalle sottili argille a massi di tutte le dimensioni, in particolare graniti, serizzi ghiandoni e serpentini della Valmalenco e della Valmasino. E' proprio nella zona del Triagolo lariano (ad una altitudine intorno ai 500-600m.) che troviamo il maggior numero di massi erratici, perché qui spingeva l'azione possente delle forze dei due ghiacciai in movimento. Di particolare interesse da questo punto di vista è il sentiero che da Torno va a Piazzaga (vedi itinerario) o quello da Brunate al Monte Piatto (Pietra Pendula) e il sentiero geologico che da Canzo/Fonti di Gajum porta ai Corni di Canzo. Oggi i massi erratici rimasti, considerati veri e propri monumenti dell'era glaciale, sono 'protetti' da una legge regionale, ma per millenni sono stati scalpellati, sfruttati, e riutilizzati come materiali da costruzione per farne are sacrificali, stele, cippi stradali, marciapiedi, architravi, stipiti di portoni, capitelli oppure strumenti di uso quotidiano come macine per cereali o legumi (la struttura di questa pietra si presta particolarmente bene a sbriciolare i vegetali). In epoca cristiana si smontarono blocchi di sarizzo di are o sarcofagi pagani per reimpiegarli nelle costruzioni cristiane. Certamente era molto più comodo lavorare queste rocce che si trovavano già per così dire a portata di mano che andare a prenderli dalle cave sulle Alpi e trasportarli via acqua (sul lago o lungo il fiume) fino a destinazione.

I massi avelli: un enigma dentro il mistero

itinerario per Piazzaga
Sono monumenti funerari scavati a forma di 'vasca' nell'interno di massi erratici di grandi dimensioni. Li troviamo soprattutto nell'area di Como, Canton Ticino, Brianza, Valtellina, Grigioni e non vi è riscontro di questi ritrovamenti in altre aree d'Italia e d'Europa. Si ha notizia di circa 34 massi avelli censiti.

Le loro caratteristiche per lo più comuni sono:
* la forma regolare tipo di vasca da bagno (diremmo noi oggi)
* una sorta di cuscino o gradino su cui si posava la testa del defunto
* il bordo arrotondato per favorire l'appoggio del coperchio e evitare le infiltrazioni di acqua piovana
* canaletti laterali per lo scorrimento delle acque piovane
*una posizione spesso dominante il territorio non dirado orientata verso il sole a mezzogiorno.
La datazione di questi monumenti è nebulosa perché nel corso dei secoli questi sepolcri furono spogliati di tutte le eventuali suppellettili custodite e i pochi ritrovamenti archeologici dei dintorni non forniscono alcun elemento interpretativo. Si ipotizza che fossero espressione dei culti funerari di quelle popolazioni 'barbariche' (goti, franchi) che a cavallo del crollo dell'impero romano (sec. V-sec. VI d.C) si stabilirono su quel territorio. Si trattava certamente di tombe di personaggi di rango (capi guerrieri, sacerdoti) ma che non ci hanno lasciato nessun documento scritto.

Molte informazioni sono tratte dal libro: TROVANTI, edito da Nuoveparole (Como) a cura del Gruppo Naturalistico della Brianza, cui vanno i nostri ringraziamenti.

 

 

Il castello abbandonato

Castel d'Ardona, sopra Torno, fu edificato nel 1894 dal professor Angelo Ruspini, detto "del fratino", nato in Francia a Toulouse da famiglia tornasca. Non avendo Il Ruspini una famiglia, la sua governante gli successe nella proprietà del "maniero" che poi passò al "Gruppo Aziendale Tintoria Comense" che eresse il sottostante fabbricato per ospitare nelle vacanze i figli dei dipendenti. Il castello, che un tempo era ben visibile dal paese e dal lago, oggi è diroccato e invaso dalla vegetazione. Stessa la sorte seguita dal fabbricato.
Al castello d'Ardona è possibile arrivare dal sentiero che sale da Montepiatto o da quello vicino alla baita Carla sopra S. Maurizio (faro Voltiano).

TORNO - Il paese:

È situato in bella posizione sopra un promontorio di fronte a Moltrasio ai piedi del monte Bisbino e del Colmegnone, si distingue per le tipiche caratteristiche del borgo medievale: stretti e serpeggianti vicoli, case con portali in pietra con decorazioni in ferro battuto alle finestre e ai poggioli.
La cittadina attraversò, dal secolo XIII al XVI, un periodo fiorente per le sue fabbriche di panni ed arazzi che venivano esportati anche in Germania ma, nel 1522, dopo numerosi scontri, anche navali, con la vicina Como venne distrutta, e da allora non raggiunse più il suo antico splendore.
Delle numerose fortificazioni medievali, sono ancora visibili i resti del Castello sulla riva del lago e la Porta Travaina sulla strada per Piazzaga.
Furono di Torno due pittori vissuti tra il 400 e il 500: Bartolomeo Benzi e Andrea de Passeris, autore d’alcune opere custodite nel Duomo di Como.
Dall’abitato si può salire, seguendo l’antica mulattiera che si snoda nel bosco, a Montepiatto (610 m.), le sue case sono abitate solo nel periodo estivo o nei giorni festivi; dal sagrato della piccola chiesa, un tempo affiancato da un convento di monache, si gode una bella vista sul lago. In un prato del luogo, nei pressi della chiesa dedicata a Sant’Elisabetta, è possibile ammirare la “pietra pendula”, masso erratico a forma di fungo in bilico su di una roccia.

 

da vedere:

 

Chiesa di Santa Tecla

Edificio romanico duecentesco più volte rimaneggiato, si specchia nel lago con un’alta torre campanaria a monofore e bifore ricostruita nel 1893 e vanta una splendida facciata ornata da un portale marmoreo rinascimentale e da un rosone gotico. 
All’interno, nella prima cappella di sinistra, vi troviamo una Madonna ed un affresco dipinto nel 1502 di Bartolomeo Benzi; sul soffitto, moderne pitture del Beghè e dell’Andreani.
 

Chiesa di San Giovanni

È la più antica chiesa del paese, situata a mezza costa a fianco del cimitero, conserva un solido campanile romanico, sovralzato e restaurato nel 1962, in bella muratura regolare con quattro spaccature divise da archetti, ha un piano di monofore e due di bifore a doppio arco.
Presenta un’elegante portale marmoreo rinascimentale (fine del ‘400) opera del Rodari, con statue e gruppi marmorei. Ad abbellire ulteriormente l’interno ad una navata ampia e appiattita con copertura lignea in vista, così sistemato nel 1496, sono le due acquasantiere, una romanica e l’altra rinascimentale, gli antichi affreschi sui piloni e sul muro, i dipinti del 600 che ricoprono il frontone del presbiterio a trifora acuta e le tele sei- settecentesche alle pareti della navata.
Dietro l’altare, lontano da occhi indiscreti, troviamo, oltre alla preziosa croce d’argento, le reliquie di San Chiodo che, unitamente a quelle dei SS. Innocenti, vengono esposte al pubblico tre volte all’anno.
L’intero edificio, ampliato verso la fine del XV secolo, fu poi modificato nel ‘600 e nel ‘700.

 

Villa Pliniana

È una delle ville più famose del lago, appartata e triste dall’aspetto misterioso ed inquietante. Sembra che sull’edificio gravi un’aura sospesa inaccessibilità, quasi che ancora vi aleggino i fantasmi che si dice turbassero il suo primo proprietario, il conte Giovanni Anguissola di Piacenza, rifugiatosi qui dopo aver preso parte alla congiura di palazzo in cui venne trucidato Pier Luigi Farnese.
L’elegante dimora, eretta nel 1573, venne così chiamata perché, Plinio il Vecchio ed il Giovane, descrissero la cascata intermittente che si trova nelle sue vicinanze le cui acque precipitano in quelle del lago solo dopo aver compiuto un salto di ben 80 metri.
Sorge in un’insenatura solitaria immersa nel verde, incerto è il nome del costruttore; fra i proposti troviamo l’Alessi e il Pellegrini, recentemente fu aggiunto il nome di Giovanni Antonio Piotti da Vacallo.
Fu venduta al conte Pirro Visconti Borromeo, ma i primi lavori di miglioria vennero fatti dai Canarisi e, a metà dell’Ottocento, dal principe Emilio Barbiano di Belgioioso.
Proprio in questa villa quest’ultimo visse isolato per otto anni un travolgente amore per Anna Berthier, principessa di Wagram e moglie del duca di Plaisance.
Dai Belgioioso la villa passò ai Trotti e, nel 1890 ai Valperga di Masino. Attuale proprietà è la Società Pliniana.
Nel Settecento e nell’Ottocento fu dimora prediletta d’artisti e personaggi di gran rilievo tra i quali Giuseppe II, Napoleone, Bellini, Rossini che vi compose, in soli sei giorni, l’intero Tancredi, Byron, Foscolo che vi verseggiò parte del suo Inno alle Grazie, ed infine, il Fogazzaro che trasse ispirazione per Malombra.
L’imponente facciata con quattro ordini di finestre viene alleggerita dall’elegante loggiato a tre arcate rette da colonne binate che si trovano al primo piano, l’interno è arredato elegantemente con mobili, decorazioni, opere d’arte e rari cimeli: vi spicca un ritratto di Cristina Belgioioso, dipinto dall’Hayez del 1818.

 

Villa Taverna (Perlasca)

La magnifica villa, sita nel tratto di costa tra Blevio e Torno, è nota anche per le bellezze del gran parco che si estende sulle rive del lago.
L’edificio è costituito da un corpo centrale dal quale escono due ali simmetriche.
Antonio Tanzi, alla fine del Settecento, fece costruire le due ali, i Taverna, fecero invece aggiungere il corpo centrale.
Nella Villa, che oggi è un lussuoso condominio, soggiornarono parecchie personalità di spicco invitati dai due proprietari.

La pietra pendula

Nel territorio del Triangolo Lariano sono evidenti gli effetti del passaggio del ghiacciaio abduano, che in tempi lontani milioni di anni ricoprì questa area; sono espressione dell’azione del ghiacciaio sia le cime arrotondate di molti monti, sia i numerosi massi erratici, spesso di granito, o comunque di roccia proveniente dalle montagne valtellinesi, che si trovano disseminati qua e là. Un esempio di questi massi, che vengono chiamati anche ‘trovanti’, si può osservare a Montepiatto, frazione di Torno: è la famosa Pietra Pendula. Anche nelle frazioni montane di Blevio, presso i Monti di Sorto, Mezzovico, Meggianico e Cazzanore, si possono vedere alcuni massi erratici di granito e di ghiandone.
In molti di questi massi, in tempi antichissimi, sono state scavate delle sepolture: sono questi i famosi ‘massi avelli’, che originariamente erano chiusi superiormente da un coperchio a timpano pure in pietra. Se ne trovano alcuni nei boschi sopra Torno e sopra Faggeto Lario.