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Domenica 13
Giugno
Le MINIERE del
PIAN DEI RESINELLI
Le miniere visitabili
sono la miniera Anna e la miniera Cavallo.Il programma della giornata può
essere:
ore 10.00 ritrovo ai
Piani Resinelli al Piazzale delle Miniere, dove sorge anche il rifugio della
SEL, e prendere i biglietti per la visita.
ore 10.30 partenza
per scendere tramite un breve sentiero alla miniera Anna e visita guidata
della stessa. La durata della visita è di circa 1 ora.
Terminata la visita
sono possibile due alternative anche in funzione delle condizioni
meteorologiche.
In caso di tempo
favorevole si può raggiungere direttamente la miniera Cavallo tramite un
sentiero con una passeggiata di circa mezz'ora, consumare il pranzo al sacco
nei prati e attendere le ore 14.30 per la visita.
Altrimenti , se il tempo
fosse brutto, dalla miniera Anna si risale nuovamente al piazzale delle
miniere dove presso il rifugio SEL si può consumare un piatto caldo e
pranzare al sacco. Poi verso le 13.45 con le auto scendere verso Lecco e al
dodicesimo tornante imboccare la stradina che porta alla miniera Cavallo per
la visita delle 14.30.
Per la prenotazione
occorre contattare il numero 0341 - 733234.
Il costo della visita
è di 5.50 euro per ciascuna miniera, pertanto un totale di 11.00 euro a
persona; sono però previste riduzioni nel caso di gruppi.
L' equippaggiamento
per la visita, casco e torcia elettrica, sono forniti dagli organizzatori.
Informazioni sulle
miniere sono reperibili sul sito www.passolento.it
Riferimento: Luigi
Oppure a Guido Platania
Tel 335/208784 - gp@helponline.it
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Programma di massima
Mezzi
Auto, circa 1.15 oreda Mlano
Treno, e bus (cambio a Lecco) partenza 8.15 staz.centrale arrivo 8.57
lecco partenza 9.05 bus
da lecco arrivo 9.50 piazzale miniere RITORNO –16.50 da PDR arrivo a Milano
dopo le 19.00
Spesa
prevista –
Trasferimento
Macchina circa 6 euro euro
solo andata per macchina (in 4 persone circa 1,5 euro a testa)
Ingresso alle 2 miniere
5.50 euro a miniera totale 11 euro a testa (possibilità sconti per gruppi)
Pranzo al sacco,
possibilità di integrazione presso i rifugi.
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PIANI
RESINELLI E PIANI D'ERNA
Prima di salire in auto, osservate bene il
cielo: solo una giornata tersa potrà farvi godere appieno le meraviglie di
questo itinerario. Nelle giornate limpide potrete osservare Lecco, il
Resegone, le Grigne, un lungo tratto dell'Adda, la Brianza e i suoi laghi, il
gruppo dei Corni di Canzo e, più in là, le cime innevate delle Alpi.
Non serve
essere alpinisti per godere di uno scenario tanto suggestivo. Basta avere la
voglia di fare due passi e l'accortezza di lasciarsi alle spalle le strade
più trafficate per imboccare i tornanti che salgono ai Piani Resinelli (quota
1200), un vasto altipiano situato ai piedi della Grignetta, a 17 chilometri
da Lecco, mezz'ora di automobile. Oppure raggiungere la stazione della
funivia situata a Versasio (frazione di Lecco, a 6 chilometri dal centro
città) e in quattro minuti sarete ai Piani d'Erna, una verde conca fra il
Resegone e il Pizzo d'Erna.
Se avete un'intera giornata a disposizione, vi
consigliamo i Piani Resinelli, che con il loro Museo Naturalistico (sede
anche di una permanente fotografica di astronomia, aperto la dimenica in
estate dalle 9 alle 18, visite settimanali su prenotazione allo 0341.240724)
sapranno soddisfare tutte le vostre curiosità in merito agli aspetti
paesaggistici e naturalistici del gruppo delle Grigne.Se avete invece a
disposizione solo metà giornata optate per la visita ai Piani d'Erna.
Per
raggiungere i piani Resinelli occorre prendere la strada statale che porta in
Valsassina ed entrare a Ballabio. Deviare poi a sinistra (indicazione Piani
Resinelli) e salire lungo una serie di tornanti che s'inoltrano nei boschi.
La strada si
snoda in moderata pendenza con vista sulle guglie della Grignetta (o Grigna
Meridionale), lungo il fianco occidentale dei Corni del Nibbio, fino a
sboccare nel vasto parcheggio di piazza Resinelli, dove potrete lasciare
l'auto. Nei giorni festivi e durante il periodo estivo esiste un servizio di
autobus con partenza dalla stazione ferroviaria di Lecco che copre tutta la
tratta.
L'aria ha già
l'inconfondibile profumo di montagna, tutto attorno boschi di faggi, betulle
e conifere. I Piani Resinelli devono il loro nome alla famiglia lecchese che
a metà dell'Ottocento rilevò una parte di questo vasto pianoro ai piedi della
Grigna meridionale da un'altra famiglia "storica" della città, gli
Agliati. Da allora in poi, la zona verrà chiamata con il nome di Roccolo dei
Resinelli, poi Piani Resinelli. Nell'abitato, oltre a ristoranti e pensioni,
vi sono alcuni rifugi, punto di partenza per escursioni per tutti i gusti.
Un tempo i Piani Resinelli erano un alpeggio
ricco e famoso per il suo bestiame. Avevano anche fama di centro minerario,
con numerose miniere di piombo il cui sfruttamento risalirebbe all'epoca
romana, continuando nell'epoca napoleonica per cessare definitivamente
all'inizio del '900. Di quel passato estrattivo restano numerose tracce.
Nell'alta Val Calolden è ancora possibile visitare un complesso di bidonvie e
cunicoli di miniere abbandonate. Per vedere da vicino l'imbocco delle gallerie
raggiungete il rifugio Sel dei Resinelli, in piazza delle Miniere (poco
distante dal piazzale del parcheggio) e scendete per pochi minuti nel
canalone sottostante il rifugio fino a trovarvi all'ingresso di una di queste
gallerie.
Ma il fiore all'occhiello dei Piani Resinelli
è il grande "parco Valentino". Non perdetevi quattro passi fra i
boschi e i prati del parco. Dall'ingresso del Parco in una ventina di minuti
potrete raggiungere villa Gerosa, dove ha sede il Museo delle Grigne, con un'ampia
terrazza panoramica.
Proseguendo
nel cammino si incontra il Belvedere: protetti da una balaustra, potrete
ammirare il bacino del lago di Lecco, i laghetti della Brianza, i Corni di
Canzo, la vetta del monte Coltiglione, la Torre Diaz e il Coltignoncino. Un
altro punto del parco da non perdere è il Forcellino, anch'esso molto
panoramico. Potete raggiungerlo facendo una deviazione sul sentiero per il
Belvedere.
E lasciamo
ora le Grigne e i Piani Resinelli per spostarci sull'altro gruppo montano che
ha reso il nome di Lecco famoso nel mondo: il gruppo del Resegone, di cui i
Piani d'Erna sono l'avamposto sulla città. I Piani d'Erna si trovano a 1250
metri di quota, dispongono di un rifugio e di due ristoranti, sono un
comodissimo punto di partenza per tutte le escursione nel gruppo del
Resegone, ma anche da soli valgono la gita.
I Piani
d'Erna sono raggiungibili da Lecco. Si sale a piedi (due ore di marcia, il
percorso tocca il rifugio Stoppani) ma anche in funivia, con partenza dal
piazzale in località Versasio, lo stesso da cui si diparte il sentiero. La
prima corsa della funivia parte alle 8.10, nei fine settimana ce n'è in media
una ogni mezz'ora. La strada carrozzabile che da Lecco vi condurrà al
piazzale della funivia è anch'essa molto panoramica (la tratta è coperta
anche dal pullmann di linea numero 5, con partenza da piazza Mazzini).
Niente però
al confronto di quanto potrete vedere una volta giunti a destinazione: dai
Piani d'Erna il panorama sulla città di Lecco è superbo, forse il più bello
che si possa godere dalle montagne. Lasciata alle spalle la stazione d'arrivo
della funivia, si prende sulla destra la strada sterrata in discesa e la si
percorre fino al primo tornante. Poi si si imbocca una mulattiera che si
stacca sulla destra e si arriva al terrazzo con la croce posto sulla sommità
del Pizzo d'Erna: è il punto panoramico più suggestivo.
Vi
consigliamo anche la passeggiata panoramica per i Piani d'Erna, recentemente
ridisegnata: lungo il percorso cartelli segnaletici informano sui punti di
particolare interesse storico, etnografico e naturalistico. Il gruppo delle
Grigne e del Resegone presenta infatti esclusive specie vegetali protette,
come la campanula insubrica, l'aglio insubrico, la sassifraga di Vandelli, la
viola del Resegone.
Presso i due
ristoranti dei Piani d'Erna, nei fine settimana di maggio, si svolge la bella
rassegna "A tavoli con funghi e selvaggina": un'occasione per
assaggiare piatti tipici del territorio.
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Si
scende nel mondo della miniera:
Ai Piani Resinelli
riaperte ai visitatori le antiche miniere di piombo
durata
della visita: circa 2 o 3 ore (dipende
dal tipo di itinerario che si sceglie di fare)
Come
arrivare da Milano: in automobile, superstrada Milano-Lecco, uscita per la
Valsassina, poco dopo Ballabio prendere a sinistra, segnalazioni 'Piani
Resinelli' (parcheggiare vicino al Rifugio SEL), oppure con mezzi pubblici:
treno Milano/Lecco poi autobus di linea.
dove rifocillarsi: numerosi bar e rifugi ai Piani Resinelli
Info sui trasporti: http://www.infopoint.it/trl_index.htm
per
informazioni e prenotazioni: Resp Ing. Salvatore
Mercurio, Comunità Montana Lario Orientale, tel 0341240724, 0341733234,
348-2209361; sito: http://www.cmlarioorientale.it
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Ai Piani Resinelli da agosto 2002 sono state aperte, dopo
una completa opera di ristrutturazione e messa in sicurezza, due antiche
miniere - miniera Anna e miniera Cavallo/Silvia(*vedi nota) - che per secoli
(dal 1600 fino agli anni '50) sono state in funzione, grazie alla presenza
consistente di vari tipi di minerali di piombo. Questa iniziativa della
Comunità montana vuole anche essere uno stimolo per creare nuove opportunità
di lavoro in una zona dove il turismo e l'escursionismo tradizionale non
bastano più a sostenere l'economia locale e ad arrestare lo spopolamento.
La Valsassina, come le valli bergamasche e bresciane, è stata una importante
'area mineraria' sulla quale si è sviluppata una notevole attività di
produzioni metallurgiche (armi, attrezzi agricoli, utensili), che fornivano
il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia. Lo sfruttamento di numerose
piccole miniere di ferro e altri minerali è stato reso possibile anche grazie
alla disponibilità di legname dei boschi circostanti, fino a determinarne lo
spoglio radicale in determinati periodi storici: pensiamo che per ottenere 5
kg. di ferro occorreva trattare 200 kg. di minerale bruciando 25 metri cubi
di legno! Si è calcolato che in 40 giorni una sola carbonaia poteva esaurire
un bosco nel raggio di un chilometro. Fu tra la fine dell'800 e l'inizio del
'900 che i progressi tecnologici permisero la più ampia utilizzazione delle
risorse minerarie del lecchese, cambiando radicalmente il lavoro in miniera
(perforatori pneumatici, uso della dinamite, trasporto su teleferiche, ecc.).
Dopo la seconda guerra mondiale l'abbassamento dei prezzi determinò la
decadenza di queste attività, fino alla chiusura degli impianti avvenuta alla
metà degli anni '50.
Come vivevano in passato i minatori: lavoravano in miniera
prevalentemente nelle stagioni fredde (causa le infiltrazioni d'acqua durante
l'estate) senza orario o soste, e talvolta dormivano anche in miniera (qui la
temperatura è costante, circa 10°, quindi spesso più calda che all'esterno).
Partivano a novembre con muli carichi di farina, panni e altre poche
masserizie e si sistemavano in rudimentali baite nei pressi della miniera;
venivano retribuiti non a giornata ma 'a cottimo' (diremmo noi oggi) in base
alla quantità di minerale estratto; il salario era costituito parte in natura
(generi alimentari ecc.), parte in denaro, parte in minerali (che poi
dovevano rivendere - il pagamento in minerali fu vietato con provvedimento
del 1789) e in attrezzi (per continuare il lavoro!). La scarsa preparazione
tecnica dei minatori e l'accumulo di materiali di scarto lungo le gallerie
rendevano l'ambiente insicuro e pericoloso: i crolli non erano infrequenti.
Le visite guidate: si effettuano in piccoli gruppi, con partenza dallo
chalet delle guide (vicino al parcheggio sotto il rifugio SEL - un tempo questa
stessa costruzione era una baracca di minatori). E' un'escursione
interessante per tutti: adulti, scolaresche e bambini. Anche perché il mondo
della miniera evoca una selva di sensazioni contrastanti: l'entrare nelle
'viscere' della terra (la pancia della madre ?), l'immergersi nel buio (luogo
dei nostri fantasmi), l'essere rinchiusi ma anche protetti dalle intemperie o
dai pericoli del mondo esterno, e inoltre: la fatica dell'arduo lavoro del
minatore e il coraggio necessario per affrontarne i pericoli. Si ritorna
all'aperto, dopo l'esauriente percorso nell'intrico delle gallerie, con la
sensazione di aver fatto qualcosa di più che la consueta gita domenicale.
La miniera Anna si presta ad una visita fattibile da tutti (non
occorre essere escursionisti) perché è un itinerario che non presenta nessuna
difficoltà; si accede all'imbocco della miniera dopo un agevole sentiero nel
bosco di circa 500 metri. Entrando ci si trova nel sotterraneo, più o meno
come doveva apparire nel '700-'800; tutto il sistema dei puntelli è stato
ricostruito con travi di legno (foto 3) e si è pensato anche ai bambini
attrezzando una 'kinder area' dove pannelli disegnati e modellini di 'gnomi
minatori' con i loro tipici attrezzi raccontano ai più piccoli, col
linguaggio delle fiabe, il mondo della miniera. Il complesso ha un ampio
sviluppo di gallerie e spiazzi/caverne di dimensioni ragguardevoli (non sono
più gli angusti cunicoli dell'epoca medievale), che testimoniano un impianto
tipico dell'epoca rinascimentale: è uno sviluppo ragionato che permette di
seguire con razionalità i movimenti della vena mineralizzata (chiaramente
visibile in molti tratti). Nel procedere lungo il percorso si ha modo di
comprendere l'evoluzione delle tecniche nel corso del tempo, anche grazie ai
vari attrezzi (martelli manuali o pneumatici, carrelli, lampade ad aria
compressa, ecc.) opportunamente collocati e spiegati ai
visitatori.
La miniera Cavallo è invece raggiungibile dal sentiero (circa 800
metri) che parte dal 12° tornante della carrozzabile: la miniera si inserisce
in un percorso escursionistico di maggior interesse che offre una visione più
suggestiva del paesaggio montano. La struttura si sviluppa su vari livelli in
ordine verticale, determinando salti e vuoti spettacolari di più forte impatto
sui visitatori, ma richiedono una maggiore preparazione escursionistica.
Per ragguagli precisi sugli orari di apertura e/o prenotazioni telefonare o
consultare il sito: http://www.cmlarioorientale.it
(*) nota: sembrano nomi piuttosto buffi per delle miniere:
'cavallo' deriva dal nome della località dei Piani Resinelli dove si trovano
questi siti; quanto ad 'anna' e 'silvia' è un uso abbastanza frequente e
consolidato assegnare nomi di donne (moglie, figlie, mamme, sante...) alle
concessioni minerarie.
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Ambiente
Pian dei Resinelli
Tra i faggi del Valentino
Donato
al Touring Club negli anni Sessanta il parco, con centinaia di piante
monumentali, tato una meta ideale per le famiglie che lo frequentano con i
bambini o per escursioni con le pelli di foca.
C'è
nebbia. Nebbia leggera, delicata. Non opprimente come quella di pianura che
non ti lascia vedere a un palmo dal naso. Qui ai Piani dei Resinelli la
foschia autunnale è quasi piacevole. Perché sfuma i caldi colori stagionali
su una tela più tenue, li avvolge col suo velo evanescente in una rete che
resiste anche ai primi tepori della giornata. E se non fosse per la pioggia
un po' fastidiosa vagheresti per ore in questo bosco di faggi che puntano
dritti al cielo come le colonne di una moschea. Tanto qui perdersi è quasi
impossibile: il parco Valentino - che occupa l'estremo lembo delle Grigne e
dai Resinelli si stende sul versante nord del monte Coltignone - è una
tranquilla oasi con sentieri ampi e ben segnalati, un museo nel vecchio
edificio padronale e un percorso vita per gli appassionati degli sport
all'aria aperta. Insomma, l'ideale per le famiglie o per chi vuole affrontare
una passeggiata gradevole, ma non troppo impegnativa.
E
i lecchesi lo sanno bene. Salgono al Pian dei Resinelli da generazioni: ci
sono venuti per anni con gli sci e poi, quando gli impianti sono stati
smantellati, hanno continuato a frequentarli con lo zaino sulle spalle. Così,
quando all'inizio degli anni Sessanta, gli eredi di Valentino Gerosa Crotta -
industriale lecchese che fece della passione per la natura una filosofia di
vita - decisero di donare il bosco al Touring Club Italiano, gli affezionati
escursionisti accolsero la notizia con soddisfazione. In passato questa
foresta, dove oggi si incontrano centinaia di piante monumentali, veniva
sfruttata per la legna. Dalle vicine miniere dei Resinelli si estraevano
tonnellate di galena, una buona riserva di combustibile a due passi dai forni
per la fusione del minerale doveva fare comodo. Non è un caso quindi se tra
le radure che oggi si aprono all'improvviso nel folto del bosco, un tempo
salisse il fumo denso dei "poiat", gli impianti per la produzione
di carbone vegetale: il faggio è un legno duro e dai grossi tronchi
(rigorosamente tagliati a 1 metro e 20) accatastati e ricoperti da foglie
secche e terra si ottenevano quintali di combustibile. In genere per
ricavarne una trentina bisognava utilizzarne almeno 150 di legna. Tanti,
troppi per chi a quegli alberi e a quei luoghi era legato da un affetto
profondo.
Così,
nei primi decenni del Novecento, l'industriale lecchese pose fine allo
sfruttamento, trasformando l'appezzamento di famiglia in una splendida
riserva dove gli alberi invecchiavano senza dover fare i conti con la scure
dei boscaioli. È facile riconoscere i faggi più antichi: tra i tanti piantati
negli ultimi 50 anni, quelli di Gerosa Crotta hanno quasi un secolo di vita,
il tronco massiccio e una chioma contorta come una Medusa. D'inverno sono uno
spettacolo: spogliato del verde e dei colori autunnali, il loro scheletro
disegna sagome stilizzate nel cielo azzurro di gennaio; luccica nella morsa
del gelo che ricama merletti di cristallo sulla scura corteccia, e, ai primi
tepori, le gemme annunciano la primavera con una cornice verde che ne
addolcisce il profilo severo. Vien voglia di restare ad ammirarli per ore. Se
non fosse che il parco Valentino offre uno scenario ancor più entusiasmante.
Per la sua posizione, la riserva - che dal Coltignone (1.479 metri) digrada
verso i Resinelli, toccando la cima di Calolden (1.455 metri) e il Campanile
di San Pietro (1.201 metri) -, rappresenta, infatti, un eccezionale balcone
naturale affacciato sul Lario e sulle Grigne: un morbido tappeto verde che
culmina con una cresta rocciosa a strapiombo sul lago e su quel versante
della Grigna famoso tra gli alpinisti per le tante vie d'arrampicata. La
sintesi di due mondi opposti, ma convergenti: da una parte faggi e dolci
declivi, dall'altra creste, guglie e pinnacoli che si alzano sullo specchio
cupo del Lario. Dopo la passeggiata, dopo la sgambata con le pelli di foca
(qui in inverno gli scialpinisti non mancano mai) lungo uno dei tre itinerari
principali - vetta del Coltignone, Forcellino, Belvedere -, è così
inevitabile fermarsi almeno un attimo ad ammirare l'ampio scenario. Anche in
questa giornata d'autunno con la nebbia che, come le quinte di uno
spettacolare palcoscenico, si dirada offrendo scorci di rara bellezza: Lecco
con la mole del Barro alle sue spalle, il profilo inconfondibile del
Resegone, il Magnodeno, i Corni di Canzo e la verde distesa della Brianza
punteggiata dai laghi di Annone e Garlate che da qui sembrano un delicato
acquerello. Tornano alla mente quel "richiamo febbrile", quella
"fantasia crudele", quella "sensazione nervosa
indefinita" che l'abate Stoppani avvertiva ogni volta che si soffermava
su questi scenari. E avrebbe voluto "volare" su quelle cime che
aveva passato in rassegna così tante volte. Qualcuno dal Coltignone ci prova
sul serio. Quando i venti sono favorevoli gli appassionati di deltaplano si
lanciano da questa panoramica vetta.
E
l'effetto ce lo possiamo solo immaginare. Intanto godiamoci la tranquillità
di questo bosco che, nei giorni feriali, è quasi assoluta. Il silenzio rotto
solo dal fruscio di qualche capriolo che scarta tra gli alberi. L'aria
frizzante che arriva da est e annuncia bel tempo. Tra qualche giorno non sarà
più così facile. In programma c'è la manutenzione del bosco. Dal 1982 il
"Valentino" è, infatti, affidato in gestione alla Comunità montana
del Lario orientale. E il lavoro deve essere svolto con regolarità.
Nonostante l'immagine rigogliosa, il parco soffre di qualche brutto acciacco.
All'inizio degli anni Novanta uno studio dell'Università di Firenze ha
rilevato un deperimento dei faggi sia nella forma che nella struttura della
ramificazione. Le cause? Ignote, o meglio imputabili, più in generale,
all'inquinamento atmosferico che, anche da queste parti, si fa sempre più
aggressivo. Non solo. Di mezzo c'è un problema di fondo che, in un certo
senso, si scontra con le esigenze turistiche e ricreative: "La verità -
spiega Renato Corti della Comunità montana Lario orientale - è che i boschi
di faggi sono sempre stati utilizzati per la produzione di legna: la loro salute
è strettamente legata a un costante ricambio delle piante da cui si ottiene
del buon legname solo quando il tronco è regolare e senza troppe
ramificazioni. Ovviamente in un contesto come quello del Valentino, ormai
destinato a tutt'altro, questo non ha più senso: gli alberi da conservare
sono proprio i più vecchi e contorti, perché monumentali. Ma per la salute
del bosco non è certo la scelta migliore". Agli addetti alla
manutenzione non resta quindi che contenere i danni. Con particolare
attenzione alla prevenzione degli incendi, alla pulizia del sottobosco e
all'abbattimento delle piante solo se strettamente indispensabile. Purtroppo
in passato le fiamme sul Coltignone hanno mandato in fumo ettari di bosco.
Scene apocalittiche che ai Piani di Resinelli non dimenticheranno tanto
facilmente. Per questo, quando gli operai della Comunità montana, entrano nel
bosco con i loro mezzi, la gente non protesta. Anzi, osserva gli interventi
di manutenzione con un certo compiacimento. Perché sa che, in fondo, il
futuro del Valentino è proprio nelle mani di queste persone.
Emanuele Falchetti
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Il mondo
sotterraneo
Parco minerario dei Resinelli.
Le miniere di galena e blenda, da cui si
ricavavano piombo e zinco, chiamate Anna, Sottocavallo e Silvia, si trovano ai
piedi della Grigna meridionale, localizzate in Val Calolden ed in Val Grande.
Oltre alla classica visita alla miniera, presso la Anna è possibile compiere
un percorso speleologico (per piccoli gruppi) ed assistere ad una “volata”
didattica. Le miniere sono raggiungibili con bus diretto da Lecco FS o con
bus di linea limitato a Ballabio, con proseguimento a piedi. In abbinamento
alla visita, vengono proposti dei moduli didattici inerenti Petrografia,
Mineralogia ed Arte mineraria, da realizzarsi in classe o direttamente in
loco.
Avventura in trenino nella miniera di
ferro.
L’emozione del trovarsi “dentro “ la montagna,
sentir risuonare i propri passi nelle gallerie, rivivere la “volata”
(simulazione del brillare delle mine), entrare in stretto contatto con un
mondo che pensavamo scomparso per sempre, quello degli uomini della miniera.
L’esperienza può essere vissuta nella miniera di ferro Stese, in Val Trompia
(in bus)
In barca sul lago sotterraneo.
Nei pressi di Sion, capoluogo del Vallese, si può
visitare l’interessante fenomeno di una riserva d’acqua sotterranea,
navigabile con barcone, che forma il lago sotterraneo più grande d’Europa.
Nelle vicinanze, la città medievale di Sion e le caratteristiche piramidi di
terra di Euseigne. (in bus)
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