Trek agli antipodi
5 partecipanti iscritti quest’anno al KIWI TREK , un miracolo !
Le relazioni arrivano a casa molto in ritardo e, dando una prima occhiata, scopro che questo viaggio non si fa da 13 anni, inoltre dalle “Istruzioni operative” apprendo che Avventure non ha prenotato per noi alcun mezzo. Sono un po’ perplessa per queste novità impreviste e così non mi resta che rileggere la guida in maniera più approfondita cercando di re-impostare il viaggio in veste backpackers o , come diremmo noi, da viaggiatore con tutto sulle spalle. Ma il nostro è anche un viaggio con percorsi a piedi, dai passi pesanti come dicono loro, un viaggio cioè da trampers. Come ce la caveremo in una regione dove vengono dai 5 ai 10 metri di pioggia all’anno? Cerco di inquadrare al meglio i miei compagni di viaggio: abbigliamento molto tecnico multistrato, copertura totalmente water-proof, tende che resistano alle intemperie, un fornello e pentole ogni due persone, mangiare base per 12 sere di trek in buste di primi piatti a preparazione rapida.
Gli itinerari che voglio proporre sono tre e sono molto diversi tra loro. Uno è nella regione dei vulcani nell’isola Nord, il secondo a scelta tra un percorso tra i fiordi ed un percorso tra le magnifiche spiagge balneari del nord dell’isola Sud, il terzo nel Fiordland della costa ovest a Sud, ancora a scelta tra il famosissimo Milford e l’altrettanto famoso Routeburn.
Una prima visita all’ufficio parchi di Auckland ed una discussione tra noi ci fa pianificare le seguenti mete :
– NORTEN CIRCUIT nel parco del Tongariro 3 gg.
– COAST TREK nel parco Abel Tasman 4 gg.
– ROUTEBURN + GREENSTONE nel parco Fiordland 5 gg.
Data l’affluenza, il secondo ed il terzo trek devono essere prenotati all’ufficio centrale: troviamo solo posti in tenda e per un pelo…
La preparazione dello zaino per il primo trek si protrae per un intero pomeriggio poiché la disposizione deve essere attentamente valutata in modo da avere tutto l’occorrente, ma nulla di superfluo. Il 19 dicembre sera, nel simpatico ostello Ski Haus di National Park, seduti attorno ad un caminetto acceso, guardiamo perplessi i nostri zainoni allineati contro la parete. Il gestore ci comunica che è 15 giorni che piove ininterrottamente e che quest’anno sembra che l’estate non voglia arrivare. In effetti il cielo è nero ed un vento freddo soffia dalla cima del Ruapehu dove i ghiacciai sono ancora molto bianchi.
NORTEN CIRCUIT – TONGARIRO NATIONAL PARK
20/12 Parcheggio – Mangatepopo Hut – Tongariro 1961 m. – Oturere Hut 8.5 Km – 4 ½ h. – 800 m. in sal. e 500 m. in disc.
Un piccolo autobus ci porta, assieme ad altri trampers, all’attacco del nostro giro. Ma gli altri hanno solo piccoli zainetti perché fanno un percorso di un giorno e ci guardano con un misto di pena e rispetto. La giornata sembra bella e tutti partono più veloci di noi che arranchiamo sulla salita. “Come pesa lo zaino !”
Un piede dopo l’altro, attraverso pietraie e distese di sabbia raggiungiamo il Passo del Cratere Rosso dove i panorami si fanno più ampi. Anche se il tempo sembra guastarsi, in quattro decidiamo ugualmente di avviarci alla vetta del Tongariro mollando i nostri pesanti fardelli al bivio. La vetta è infatti vicina, solo 1 ½ ora di cammino tra andata e ritorno, ma la tempesta ci sorprende improvvisa sulla cima. Il vento bestiale ci impedisce quasi di coprirci; veloci infiliamo giacche e sovrappantaloni e ci fiondiamo verso il basso. Gli zaini abbandonati sono in una pozza d’acqua, i compagni che ci aspettavano, già bagnati come pulcini, ci aiutano a caricarci : mettiamo la mantella e via, verso il basso. Raffiche di vento e pioggia a dirotto si avventano su di noi mentre vapori solforosi si innalzano dal Cratere Rosso e dagli smeraldini laghetti appena sotto al passo. Proseguiamo nella discesa a testa bassa, con gli occhi e gli occhiali pieni di pioggia, mentre le mantelle cominciano a fare acqua e le scarpe…come saranno le scarpe? Improvvisamente il tempo migliora, non piove più, si leva vento e compare quasi il sole. L’ultima parte del percorso, tra sabbie nere e rocce vulcaniche, ci porta quasi asciutti (scarponi a parte) al rifugio. La capanna è invitante, non è piena e sarebbe bello infilarsi dentro. Ma noi dobbiamo provare le nostre attrezzature, impavidi piantiamo le tende e, anche se c’è il gas, ci facciamo da mangiare con i fornellini. E’ asciugato quasi tutto, solo alcuni di noi hanno gli scarponi ancora zuppi.
21/12 Oturere Hut – Waihohonu Hut – 8 Km – 3 h. terreno ondulato
Al mattino anche se non ha piovuto durante la notte le tende sono bagnate e, poiché la tappa di oggi è corta, decidiamo di aspettare che il sole le asciughi. Partiamo con calma alle 9.30, il tempo è bello, ma purtroppo alcuni di noi hanno ancora gli scarponi umidi e non è piacevole camminare così. Il terreno è un susseguirsi di saliscendi con tratti di foresta alternati a zone sabbiose. Macchie di fiori multicolori spuntano tra i sassi vulcanici. Alle 12.30 siamo al rifugio che è immerso in un fitto bosco e, poiché il campeggio è un po’ lontano e la tappa di domani è lunga, decidiamo di pernottare al coperto. Nella notte sveglio i miei compagni di viaggio: il cielo è tutto sereno ed una Via Lattea piena di stelle si snoda sopra di noi. La Croce del Sud è proprio dritta sul rifugio: non possiamo perdere l’unica occasione del viaggio per ammirare questo bellissimo cielo neozelandese.
22/12 Waihohonu Hut – lago Tama – Wakapapa – 16 Km – 5 ½ h. terreno pianeggiante
Non dobbiamo smontare nulla, la tappa sembra lunga ed alle 8.30 siamo già in cammino. Il tempo è bello ed il percorso è pianeggiante e si snoda tra ciuffi d’erba gigante e sabbia incisa dalle piogge. Alle 12 siamo al lago Tama dove pranziamo ed alle 13.30 alla cascata Taranaki dove incontriamo numerosi escursionisti giornalieri. Alle 14.30 un po’ stanchi arriviamo al Visitor Center di Wakapapa dove video sulle recenti eruzioni vulcaniche ci erudiscono sulla geologia del luogo. Alle 16.15 il bus prenotato ci riporta alla accogliente Ski House per interminabili lavaggi e lavatrici. Una delegazione va al supermercato a fare acquisti per la cena : il posto è così piccolo che non c’è neppure un ristorante dove festeggiare la riuscita del primo trek.
Ed il nostro viaggio prosegue…
In una giornata bellissima, la vigilia di Natale, facciamo la traversata in traghetto che ci porta sull’isola Sud ed il giorno dopo, con una bella passeggiata, percorreremo un promontorio laterale del fiordo di Charlotte in fondo al quale si trova il piccolo paese di Picton. Faremo il pranzo di Natale alle 3 del pomeriggio nell’ostello brindando con il pessimo vino che il gestore ci ha offerto.
COAST TRACK – ABEL TASMAN NATIONAL PARK
27/12 Totaranui – Separation Point e ritorno – 18 Km – 6 ore terreno ondulato
Siamo arrivati ieri a Totaranui su di un veloce motoscafo che ci ha fatto bagnare dalla testa ai piedi nonostante la giornata fosse splendida, ma alla sera ha piovuto ed abbiamo dovuto finire di preparare la cena in tenda. Anche questa mattina è bruttino, piove a tratti ed il cielo è nuvoloso. Così, non dovendo smontare il campo, ce la prendiamo comoda e partiamo solo alle 10.40. La foresta costiera nella quale ci inoltriamo è bellissima, popolata da felci arboree ed eriche giganti fiorite che spandono nell’aria un leggero profumo. Ben presto mettiamo via le mantelle perché il tempo migliora ed alle 12.10, alla Mutton Cave, possiamo fare il primo bagno nella freddissima acqua smeraldina. Il sentiero a tratti corre su spiagge bianchissime, a tratti si arrampica su qualche promontorio ricco di vegetazione. Alle 14 siamo a Separation Point e ci affacciamo sul mare di Tasman. Il tempo è di nuovo peggiorato e con le mantelle indosso ammiriamo i grossi gabbiani che si cullano nel vento e le foche che riposano sugli scogli. Al ritorno ci fermiamo presso degli scogli a raccogliere una buona dose di grosse cozze che miglioreranno la nostra cena.
28/12 Totaranui – Hawaroa Bay – 5,5 Km – 1½ h. terreno ondulato
Oggi la giornata è bella, le tende sono asciugate dopo una notte umida ed alle 10 siamo già alla Goat Bay dove facciamo un bel bagno, sempre molto corto perché l’acqua e gelida. Alle 12.15, un po’ presto, siamo al guado dove c’è ancora l’acqua molto alta. E’ una caratteristica dell’Abel Tasman quella di avere delle zone attraversabili solo con la bassa marea e gli uffici del parco fornisco gli orari delle maree e ragguagliano i trampers su le ore più adatte per il passaggio. Questa laguna è piuttosto estesa e profonda ed assolutamente pericolosa nei momenti di acqua alta. Ci sediamo così sulla riva dove una ventina di persone aspettano con noi e, tra uno snack e l’altro, vediamo l’acqua ritirarsi con gorghi e risucchi. Dove prima c’era una baia azzurra ora sta affiorando una spiaggia punteggiata di conchiglie e granchi. Leviamo le scarpe, infiliamo i sandali e velocemente attraversiamo i 500 metri che ci separano dall’altra riva. Il campeggio è bellissimo, su di un prato all’inglese, sotto le felci arboree, ma l’acqua è amebica, ci avvertono grandi cartelli, e moscerini famelici si avventano su di noi. Passiamo un pomeriggio di relax al pretenzioso Awaroa caffè , a mezz’ora di cammino, tra birre e dolcetti al cioccolato. Di notte grandi scrosci di pioggia turbano i nostri sonni.
29/12 Awaroa Bay – Bark Bay – 14 Km – 4 h. terreno pianeggiante
Partiamo solo alle 9.30 per fare asciugare le tende ed alle 11 siamo al guado di Onetahuti Beach. Troppo presto! La ranger ieri sera era venuta a darci le istruzioni, ma il nostro inglese ed il suo non avevano nulla in comune e quindi non ci siamo intesi. In effetti la tavola delle maree che possediamo parla chiaro e ci dice che prima delle 12 non c’è nulla da fare, non si passa. Aspettiamo pazienti sulla riva mentre Alberto decide di cucinarsi una pasta poiché “le scatolette sono immangiabili” sentenzia. L’acqua finalmente defluisce dallo stretto passaggio e possiamo attraversare e stenderci sulla lingua di sabbia che ci sta di fronte e chiude una laguna dai colori polinesiani. A Bark Bay il terzo campo, per sole 6 tende, è già occupato da canoisti e così ci dobbiamo accontentare di tre posticini stretti stretti ed all’ombra, infestati dai soliti moscerini. Pomeriggio in una spiaggia vicina a fare bagni e raccogliere super-cozze per la cena.
30/12 Bark Bay – Anchorage Bay – 12 Km – 4 h. terreno ondulato con salita e discesa finale
Partiamo con tempo ancora bellissimo ed alle 11.30 siamo a Torrent Bay dove, dopo un piccolo guado, ci piazziamo sulla lingua di sabbia che chiude la baia. L’acqua è di una trasparenza incredibile e la spiaggia è popolata da canoisti stravaccati al sole, da trampers in scarponi e costume, da trampolieri di ogni tipo che becchettano qui e là. Il sole è cocente, ma l’acqua è come sempre freddissima…brrrr… Poichè oggi la bassa marea è alle 15.30 e noi siamo cotti dal sole, decidiamo di avventurarci sulla strada alta e fare così un giro più lungo, ma più panoramico. Aggiriamo la grande baia di Torrent addentrandoci nella fitta macchia costiera, passiamo su un ponte sospeso su di un fiordo, ci arrampichiamo sulla montagna e sbuchiamo proprio sopra la grande spiaggia di Anchorage Bay, che sotto di noi sembra un vero paradiso terrestre. Un ultimo bagno ci rinfresca prima di salire sul motoscafo che con una breve corsa ci riporterà a Maharau. Ritiriamo i bagagli in eccesso lasciati in deposito all’Acqua Taxi e ci imbarchiamo su un bus che in altre 2 ore raggiungerà Nelson.
Ed il nostro viaggio prosegue…
Un lunghissimo trasferimento ci porta ai ghiacciai Fox e Joseph dove il tempo decisamente non è più lo stesso. Passiamo Capodanno in un Pub a bere birra ed a discutere con ricchi Messicani della situazione degli indios del Chapas ed il primo di gennaio piove a catinelle tutto il giorno. Ma in una breve schiarita Alberto, Anita, Primo ed io decidiamo di andare al ghiacciaio. Grave errore… Quando siamo ben lontani dall’ostello si mette a piovere così forte che nonostante mantelle e sovrappantaloni … finiamo zuppi fino alle mutande. Solo due giorni nell’essiccatoio asciugheranno i vestiti e gli scarponi.
Il primo impatto con la foresta pluviale non è stato positivo e ciascuno di noi è piuttosto perplesso sul terzo trek, quello appunto nella rain forest. Come faremo se piove ? Alla sera grande riunione su attrezzatura e metodi da adottare in caso di pioggia battente. Ma riusciremo a fare il terzo giro? Cominciamo ad avere qualche dubbio quando la sera del 3 a Queenstown veniamo a sapere che la strada per Glenorchy è franata ed il lago è straripato per le piogge dei giorni scorsi: non si sa se domani ci saranno mezzi per il Routeburn.
ROUTEBURN + GREENSTONE TRACK – FIORDLAND NATIONAL PARK
4/1 Routeburn Schelter – Routeburn Flats Hut – 8 Km – 2 h terreno pianeggiante
Questa mattina le notizie sono migliori, riusciamo persino a riconvertire una notte in tenda con una in rifugio. Io passo tutta la mattina a fare prenotazioni varie per il dopo trek: macchina, bus, crociera a Milford, Caverne con vermi luminosi, conferme voli, mentre i miei compagni comprano sacchi da sopravvivenza, calzamaglie termiche e qualche paio di calze in più. Alle 12 il Backpackers Bus ci porta alla fine della strada: sta piovigginando ed il cielo è grigio. Zaino in spalla e dopo soli 10 minuti ci mettiamo già la mantella. Il bosco nel quale ci troviamo è veramente da favola: muschio dappertutto, grandi alberi che coprono il cielo, licheni e barbe che pendono da ogni lato. Sotto quella cappa non penetra neppure la pioggia … finché dura ! Ecco che di colpo gli alberi si diradano e compare la casetta del rifugio, di soli 20 posti, ma con la stufa ed il gas: un vero paradiso. Più tardi la pioggia cade fitta e sconcertati osserviamo il ranger che manda via dal rifugio due poveri giapponesi, bagnati fradici, che però hanno la prenotazione per il posto in tenda. In Nuova Zelanda infatti i campeggiatori non hanno diritto a stare nei rifugi ed ad usufruire del gas o dei servizi igienici dello stesso. Piove tutta la notte.
5/1 Routeburn Flat Hut – Routeburn Falls Hut – Conical Hill 1515 m. – Mackenzie Hut – 16 Km – 5 ½ h. 900 m in salita, 500 m in discesa
Il mattino è bello ed in un‘ora risaliamo il bosco fino alla capanna a Routenburn Falls. Il rifugio è un nido d’aquila costruito su palafitte che si sporge sulla vallata sottostante, tutto arredato e rivestito di legno. A lato una splendida cascata scende spumeggiando dalla montagna. Sopra al rifugio il sentiero sale ancora e gli alberi scompaiono per lasciare il posto a centinaia di fiori che spuntano tra una placca di granito e l’altra. Laghi, cascate, spuntoni di liscio granito verde, neve di piccoli ghiacciai … il tutto mi ricorda un po’ la val di Mello. Alle 11 siamo al bivacco di Harris Saddle ed è dura pensare che qui sia stato costruito un riparo da usarsi in caso d’emergenza. Oggi con il sole caldo ed il cielo sereno sembra impossibile immaginare ipotermia e congelamento. Percorriamo i 200 m. di dislivello per arrivare a Conical Hill quasi correndo: i nostri piedi non toccano terra tanto siamo leggeri senza zaino. In cima il panorama è veramente bello: ghiacciai, vallate e fiordi in fondo ai quali si scorge il mare. Ancora 3 ore di leggera discesa e ci affacciamo su di uno spuntone di roccia a picco sopra al rifugio Mackenzie. La casa è come sempre funzionale e confortevole posta sulle rive di un verde laghetto e contornata da un fantastico bosco pluviale pieno di muschio e licheni, ma noi siamo prenotati in tenda. Le piazzole sono state strappate al fitto bosco e sono sparse qui e là, ma la cosa più incredibile è che per rendere la permanenza più “asciutta” in terra è fissata una spessa moquette tipo prato. A lato di ogni posto tenda poi c’è una bella panca in legno. Anita ha già preso possesso di una piazzola al sole, montiamo e, anche se sono le 16, ci facciamo una pasta tanto per tacitare un certo languorino. La serata e la nottata saranno bellissime.
6/1 Mackenzie Hut – Howden Hut – Key Summit 919 m – Mckellar Hut – 18 Km – 5 ½ h. terreno pianeggiante
Nonostante il tempo sia ancora buono le tende sono un po’ umide e così partiamo alle 9.30 .Il percorso si snoda sulla costa della montagna in un terreno in linea di massima pianeggiante e tutto in foresta pluviale. Il sole penetrando tra gli spessi strati di foglie dei faggi secolari fa strani giochi di luci ed ombre e le cascate, che numerose scendono dalle cime di granito, creano con le gocce polverizzate riflessi di diamante sulle foglie. Tutto sembra incantato anche perché ognuno cammina col suo passo e ci troviamo soli in una foresta impenetrabile assolutamente silenziosa dove aleggia un profumo di umido e di terra. La Holden Hut, dove arriviamo alle 12, è in un pianoro dove si trova un bellissimo lago: è piacevole stare a prendere il sole sul prato davanti al rifugio. Sono tutti stanchi, nessuno vuole salire sul Key Summit, sopra al rifugio, solo Primo ed io ci facciamo i 200 m. di dislivello e siamo ripagati con scorci del monte Christina, la vetta più alta della zona. Raggiungere la Mckellar Hut ci costa ancora due ore e mezza di scarpinata parzialmente in un acquitrino dove mi tolgo gli scarponi per calzare i sandali. Al rifugio c’è posto per tutti.
7/1 Mckellar Hut – Howden Hut – Divide – 8 Km – 3 h. terreno pianeggiante , 400 m di discesa alla fine
in alternativa
Mckellar Hut – Mid Greenstone Hut – Sly Burn Hut – 17 Km – 6 h. terreno pianeggiante
Al mattino salutiamo Sandro che ha deciso di proseguire per chiudere il giro al lago Wakatipu e ritorniamo sulla Howden Hut. Ci fermiamo a prendere il sole e poi scendiamo al Divide. Una lunga corsa in bus sulla strada più bella della Nuova Zelanda in tutto il suo splendore solare ci riporterà a Queenstown. Sandro camminerà sei ore in un sempre bellissimo bosco di faggi per arrivare alla piccolissima capanna Sly Burn.
8/1 Sly Burn Hut – Caples – 9 Km – 3 h. terreno pianeggiante
Mentre noi siamo lanciati in shopping sfrenato Sandro ancora cammina tre ore, attraversa il lago in catamarano, sale su di un bus ed alle 16 è appena arrivato in ostello che comincia a piovere. Il nostro ultimo trek è veramente finito !
Ed il nostro viaggio prosegue…
Navighiamo in fiordi profondi ed oscuri attorniati di monti di 1200 m., con cascate che scendono da pareti verticali nascoste da nuvole di cotone, attraversiamo ruscelli con i sassi di giada, ci inoltriamo in caverne popolate da vermi che sembrano lucciole e trasformano una volta di nuda roccia in un cielo stellato…e dopo 25 ore di aereo torniamo come sempre purtroppo a casa.
Articolo pubblicato nella Rivista dell’anno 2002 n.1