1986 – Pellegrinaggio ad Amarnath

Fine Luglio 1986, siamo a metà percorso di un affascinante “Ladakh India”, in rientro a Srinagar nel Kashmir e in procinto di affrontare una delle tappe più suggestive del viaggio.

 
A Baltal, oltrepassata la sbarra di controllo per il senso unico alternato sullo Zoji la, abbandoniamo la Tangajari road percorrendo uno stretto sterrato che ci conduce in località Domail dove campeggiamo sulle sponde del fiume Sindh. Questa sarà la nostra base per il “pellegrinaggio” alla grotta sacra di Amarnath, uno dei più importanti santuari dedicati a Shiva.

Il giorno successivo, appena dopo il nostro risveglio, il campo è “invaso” da una moltitudine vociante di locali che si propongono per il noleggio dei cavalli; nella confusione generale portiamo a buon fine la contrattazione e ci incamminiamo.

ll panorama che ci circonda è selvaggio, il sentiero che percorriamo è ampio, molto scenografico e guadagna rapidamente quota. Attraversiamo piccoli ruscelli e cascatelle formati dai ghiacciai che si sciolgono, lingue di ghiaccio e anche laghetti ghiacciati. La camminata tutto sommato è relativamente facile e si snoda sempre nell’alta e ampia valle glaciale dello Sindh. Alterniamo tratti in sella ai nostri cavalli con altri percorsi a piedi, nei punti più impervi, per far riposare i nostri animali; l’aria è frizzante e il cielo azzurro. Lungo il percorso siamo costantemente attorniati da numerosi pellegrini, che percorrono il sentiero solo con i sandali e con una ciotola per il pasto che viene dispensato in alcune tende allestite lungo l’ascesa. Finalmente, dopo circa 4 ore arriviamo al grande spiazzo in prossimità della grotta sacra, la quota sfiora i 3900 metri. Qui siamo accolti come pellegrini e come tali rifocillati, ci è offerta acqua e un impasto dolce a base di farine, miele e frutta secca.

Ci dirigiamo a piedi al santuario, che si dice che abbia più di 5.000 anni, una cavità naturale della montagna dove, a causa delle infiltrazioni d’acqua, si è formata una “stalagmite di ghiaccio” alta oltre 2 metri e mezzo e larga circa 2, venerata come lingam di Shiva. Shiva che qui svelò il segreto della vita e dove i fedeli sfilano uno ad uno gettando fiori e profumi verso il sacro simbolo. Sadhu seminudi stazionano nei pressi fumando grandi quantità di hashish circondati da bastoncini d’incenso votivi che bruciano numerosi. Essere ad Amarnath significa soprattutto ascoltare canti, preghiere, inni, il nome di Shiva ripetuto e scandito con passione, osservare comitive che si fotografano nella grotta, partecipare ad uno “spettacolo” suggestivo che offre una esperienza eccezionale.

Il tempo è tiranno dobbiamo ridiscendere a valle, sicuramente di questo luogo posto tra il mondo mistico religioso e quello del reale ci rimarranno negli occhi i volti dei pellegrini che vivono la propria ricerca d’illuminazione e salvezza e nella mente la spiritualità e la devozione a tradizioni antichissime

 

 

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2 Risposte

  1. Anna Maria ha detto:

    Ciao Ettore, sicuramente un’esperienza mistica molto emozionante!!!
    Ma in posti così lontani e con abitudini così diverse dalle nostre, quanto è facile adattarsi al loro stile di vita? Penso ad esempio al cibo. Ai loro gusti, ma soprattutto ai prodotti che usano e alle loro preparazioni. Non sono schizzinosa, ma in questi casi avete adottato misure preventive per non incorrere in inconvenienti vari? Grazie e complimenti per il blog

    • Ettore ha detto:

      Ciao Annamaria, l’India e un paese affascinante e molto distante dal nostro stile di vita e abitudini ma adattarsi al mondo indiano non risulta molto complesso è un qualcosa che viene naturale dopo due o tre giorni, a riguardo del cibo nessuna precauzione particolare le spezie che usano possono essere di non gradimento per i nostri palati, bisogna essere cauto e assaggiare i piatti che preparano in ogni caso ci sono anche in India i ristoranti cinesi e anche di cucina italiana in ogni caso si può mangiare ovunque, nei 7/8 viaggi fatti non ci sono mai stati grossi inconvenienti

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