Il Capo

Agosto 1988. Viaggio “KUKKUKUKKU” sugli altopiani di Papua Nuova Guinea. Trek tra i monti del territorio Kameas, ex cacciatori di teste e di…donne. 

Il più incredibile e significativo viaggio fatto in 43 anni assieme ad AnM: preparato sull’atlante con il solo ausilio di una striminzita e carente guida LP, arrangiato a Port Moresby con l’aiuto di un entusiasta locale, portato avanti tra infiniti problemi … aeroplanini che non decollano per il mal tempo eterno, atterraggi su fazzoletti di prato dove ci dicono che certamente abbiamo sbagliato meta, portatori che hanno paura di proseguire, piroghe arenate nel fango sul Sepik, il tutto condito di miliardi di zanzare malariche … ci ha permesso però di giungere a contatto con realtà ancora ferme (tranne il turistico Sing Sing a Goroka) all’età della pietra; mondi alieni per filosofia di vita, credenze, valori morali e sociali, sistemi di sopravvivenza … tutto (o quasi) poi distrutto in pochi anni dall’arrivo delle strade e dei fanatici “missionari” delle sette cristiane americane.
 
Monti su monti, infinite valli, tutto sepolto da una vegetazione ossessiva, totale, che ricopre ogni anfratto e se stessa, nascendo a strati sovrapposti, avviluppandosi fino ad auto soffocarsi, imputridendo in acquitrini ed infiniti rigagnoli, con un clima iper umido, caldo e soffocante, spesso avvolto nella nebbia o rinfrescato da improvvisi, brevi ma violenti acquazzoni … siamo statuine di fango che si trascinano nella putrefazione vegetale.
Ma la gente … beh, la gente è di un altro mondo. Già muoverci è un problema: i portatori (o diciamo meglio, i coraggiosi che ci aiutano a portare il materiale) si rifiutano categoricamente di andare oltre il villaggio successivo, troppo pericoloso a causa delle faide tribali … per cui ogni mattina si ripete il rito di trovare (pagando) qualche volenteroso che ci aiuti fino al prossimo villaggio …
All’avvicinarsi di un villaggio uno degli accompagnatori corre avanti gridando:” veniamo in pace, sono antropologi australiani (sic!) che vogliono parlare con voi e studiare piante ed animali, pace, pace!” altrimenti verremmo accolti con lancio di frecce e asce in mano, uno che viene da fuori è per definizione sempre un nemico ed è meglio spaccargli il cranio con un’ascia!
Siamo qui bloccati da due giorni da un diluvio eterno quando ci comunicano che IL CAPO è disposto a riceverci. Ci mettiamo in ghingheri (…!?!…) e in un momento di non diluvio partiamo lungo lo scosceso, fangoso e scivoloso sentiero che porta alla sua capanna isolata in cima alla collina.
 
E di colpo l’orologio del tempo va indietro di secoli: schierati in pompa magna Capo e fratello, con rispettive donne, ci aspettano con gonnellino di rafia, grandi collane di preziose conchiglie (siamo lontanissimi dal mare) al collo e attorno alla testa, bastoni del commando, ossa nel naso, fiori di ibisco tra i capelli e sulle orecchie, sorriso amichevole – feroce con i denti distrutti dal betel … un attimo e le foto impazzano … ma ci rendiamo conto di essere maleducati ed, a rispettosa distanza e con interprete, cerchiamo di intavolare un minimo di conversazione anche se condita di banalità perché in realtà non sappiamo cosa dire né noi né loro, troppa differenza di vita, di culture, di mondi.
Poi il Capo ha un’idea geniale: chiede ad uno di noi di scambiarsi per un momento i vestiti … Andrea accetta con incosciente entusiasmo e in breve si trova trasformato in una pallida (nel senso di pelle bianca) copia del capo … risate da ambo le parti, il gelo si rompe e passiamo divertenti momenti tra foto, pacche sulle spalle, abbracci e sorrisi: due mondi alieni riescono per un momento ad incontrarsi.
Andrea ha appena il tempo di cambiarsi che ricomincia il diluvio: di corsa, scivolando nel fango, ritorniamo alla nostra capanna e lì troviamo ad aspettarci il “capo dei guerrieri”, impressionante figura con barba, decorazioni varie, ascia, arco e frecce, il quale però fuma una normalissima sigaretta e, pur senza perdere la militaresca alterigia, sembra divertirsi molto alle nostre foto.
 
L’indomani non piove e ripartiamo: altri monti, altro fango, altra gente incredibile, ma l’immagine ieratica del CAPO e della sua famiglia ci seguirà per tutto il viaggio e, a dire il vero, è ben viva ancora oggi, 32 anni dopo…
 
Potete trovare l’Articolo relativo a questo incredibile viaggio su questo sito nella sezione  Racconti – Asia, l’Articolo, pubblicato in quegli anni sulla Rivista, ha titolo “Quattro passi nella Preistoria”.
 

 

 

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Una risposta

  1. Giuliana ha detto:

    Devo dire che è stato un viaggio incredibile, forse il più incredibile di 40 anni di viaggi con Avventure

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