Tratto da  www.itinerariafricani.net/popoli.htm

 

MAASAI: i signori delle steppe

Sono sicuramente fra le genti d'Africa i più conosciuti, famosi per il loro coraggio e l'attaccamento alle tradizioni, ai riti di passaggio che rappresentano i momenti fondamentali della vita di ogni Maasai.


                                " E al principio Dio creò i Maasai..."

Questa frase la dice tutta sul concetto di popolo elitario che li accompagna. Si considerano degli "aristocratici"superiori a tutti gli altri gruppi etnici dell'Africa equatoriale ( pare che disprezzino persino gli europei, e forse non hanno tutti i torti!! ). Disdegnano ogni forma di attività che non sia legata al bestiame ed effettuano numerose razzie ai bovini delle tribù vicine come i Sonjio ( zona del lago Natron ) e i Wambulu ( a sud di Ngorongoro ), e persino contro i Kikuyu ( nord/ovest di Nairobi ). In un territorio compreso tra il lago Vittoria a est, il Kilimanjaro a ovest e fino a Narok in Kenya  ( agli inizi del secolo fino a Nairobi ), oggi i Maasai portano liberamente o quasi le loro grandi mandrie al pascolo, incuranti dei confini e dei regolamenti imposti dalle autorità governative per proteggere le aree dei parchi nazionali, fonte di sicuro reddito. Per questo a tutt'oggi, vengono allontanati dalle loro terre confinanti con le riserve e costretti sempre più in territori ridotti e confinanti con altri clan, con cui inevitabilmente hanno dei conflitti. E' difficile anche per loro rimanere indifferenti all'avanzare inesorabile della civiltà, al continuo assalto di turisti, che fanno di tutto ( pagando anche cifre spropositate ) per portarsi a casa il souvenir di una fotografia; nonostante tutto le tradizioni si ripetono ad intervalli regolari per scandire i vari passaggi dall'età puberale a quella virile, e per finire a quella adulta.

Infatti la società Maasai si basa sul raggruppamento di tutti gli individui per classi di età, che così proseguiranno insieme il lento cammino della vita. Quando il bimbo sarà cresciuto abbastanza dovrà iniziare a badare al bestiame vicino al boma ( accampamento ), poi man mano che cresce gli saranno affidate delle piccole mandrie, ma non prima che i denti centrali in basso siano stati tolti per essere nutrito attraverso il buco in caso di malattie ( come il tetano )

.Da adolescente riceve una piccola lancia e gli vengono praticati dei fori alle orecchie ( prima il destro poi il sinistro ); ora sono pronti per il rito della circoncisone che segna forse il momento più importante per un Maasai che diventerà un Morani ( guerriero ), il cui compito è (sarebbe meglio dire era ) di proteggere il bestiame o di razziarlo ad altri clan simili o a tribù vicine e combatterli se necessario.
Una volta, grande vanto del Morani, era quello di uccidere in combattimento un nemico e di cacciare il leone dalla regale criniera, così da essere stimati e rispettati dall'intera comunità. Oggi tutte e due le cose sono state vietate dal governo centrale, e di conseguenza la funzione del Morani si è un pò svilita e, ai giovani guerrieri, non rimane altro che occuparsi della propria bellezza e degli amori notturni all'interno delle manyatta (accampamenti distaccati dai villaggi) diventate luogo di goliardie e di passatempi.

Lo si può scorgere fermo con una gamba piegata sull'altra nella posizione della cicogna; infatti come i Niloti dell'Etiopia meridionale, i Maasai trovano questa posizione molto riposante!!!
All'età di 20/25 anni i morani entrano nella classe adulta, e con l'eunoto, la cerimonia del taglio dei capelli che viene fatto dalle madri, vanto dei guerrieri. Ora possono sposarsi e sono liberi di procreare. Nel periodo precedente ai morani gli venivano date donne prepuberi e donne post - menopausa proprio per non diventare padre di un bimbo che non avrebbe avuto il diritto di vivere. Per sposarsi bisogna pagare alla famiglia della sposa un ammontare di bovini; l'equazione uomo ricco uguale più mogli esiste ancora, anche se oggi si tende a diminuirne il numero. Le donne fin da piccole possono essere promesse in sposa e, al loro arrivo nel boma, gli viene costruita una capanna di fango, frasche e sterco essiccato. Il numero delle capanne varia con quello delle mogli e dei figli del capo famiglia che deve seguire regole ben precise, come quella di mettere la capanna della prima moglie a destra, la seconda a sinistra e così di seguito una a destra e una a sinistra.
Verso i 40 anni l'adulto entra nella classe di età degli anziani diventando così saggio e prodigo di consigli per tutta la società. Per i Maasai ( ma così è per tutte le società pastorali ), il bestiame rappresenta il centro della vita, ed un bene prezioso soprattutto quando bisogna prendere una o più mogli. Gli animali vengono uccisi solo ed esclusivamente durante i riti iniziatici e le cerimonie; la loro morte ha perciò una valenza sacra.

Il loro credo religioso è tutto rivolto a Ngai, il dio di tutti i Maaasai e creatore di tutte le cose; altra figura importante e il laibon, il profeta ( si acquisisce per via ereditaria ) che fin da tempi remoti ha influenzato le scelte di questo popolo essendo il mediatore tra loro e Ngai. Essendo una persona di grande prestigio verrà sepolto sotto dei tumuli di pietre, e non abbandonato nella savana ( come avviene per tutti ) affinché se ne cibino le iene e gli altri animali.

Noi nel profondo del cuore speriamo che questi signori delle steppe ( così come tutte le altre etnie ) continuino a vivere delle loro tradizioni fieri del loro status. Quando vedremo un Morani sputare per terra, non risentiamoci il suo sputo è un saluto, ma soprattutto un augurio.

 

 

SAMBURU: gli ultimi guerrieri…

 

I Samburu sono un popolo di pastori nomadi guerrieri, che vivono nella parte centro settentrionale del Kenya. Di origine nilo-camitica, sono per le evidenti similitudini somatiche, oltrechè per le usanze e le tradizioni antiche, parenti dei Maasai con cui dividono anche la lingua ( lingua maa ). Il loro territorio è molto vasto, ed i loro spostamenti avvengono in un ambiente i cui confini naturali li possiamo riconoscere, a nord nella sponda meridionale del lago Turkana, e a sud con il fiume Ewaso-Ng’iro ( il fiume marrone ). Un ambiente semi-arido, con la vegetazione molto scarsa, fatta eccezione in alcune zone ricche d’acqua ( come Maralal ), dove la savana si colora di verde e le acacie spinose ed ombrellifere svettano verso il cielo. Ed è proprio la natura che non è stata certo rigogliosa, anzi!!!, a costringere i Samburu allo sfruttamento del terreno con il bestiame, soprattutto bovini e ovini, pochi gli asini e i dromedari ( usati quasi esclusivamente per il trasporto delle cose ). Questi animali sono il loro cibo, la loro ricchezza ed il perno essenziale su cui è basata la società samburu.

Strutturalmente è molto simile a quella Maasai, dove l’anziano è rispettato ed obbedito in tutte le decisioni. Non essendoci nulla di scritto, egli è portatore del sapere della società samburu, e considerato di grande saggezza. Il consiglio degli anziani prende tutte le iniziative importanti dei singoli e dell’intero villaggio. Importantissima per la società samburu sono le classi di età, e la discendenza patrilineare. Ogni famiglia è costituita dal padre con le diverse mogli ed i figli. Il bestiame è di proprietà esclusiva dell’uomo, che in pratica eredita anche i capi di bestiame che le mogli portano come dote, e che solo alla nascita dei figli maschi saranno poi dati in dono. Le donne non possiedono nulla, e vengono introdotte nella famiglia al solo scopo di procreare, sia maschi che femmine.   I primi serviranno per pascolare il bestiame e proteggere il villaggio, le seconde all’atto del matrimonio porteranno altro bestiame al padre, rendendolo più ricco. Le classi di età sono composte da tutti gli individui circoncisi nello stesso periodo; tra i vari gruppi di età vi è un intervallo di almeno 15 anni.

Verso i 7 anni il ragazzo diventa un layeni, gli viene data una piccola lancia e gli vengono affidate delle capre da condurre al pascolo….; il primo vero impegno all’interno della società. A 14/15 anni la circoncisione, che segna l’inizio di una nuova vita, diventando un morani, il guerriero che proteggerà il villaggio dalle insidie esterne. Interessante è tutta la preparazione alla cerimonia della circoncisione che coinvolge tutto il villaggio e quelli vicini, ma questo aspetto lo tratteremo a parte. Al termine di questo periodo di vita intenso svolto al di fuori del villaggio, il guerriero entra nel gruppo degli anziani ipayan, e può finalmente sposarsi ed avere figli. Questo passaggio è l’ultimo atto della vita di un samburu, che viene sancita con il taglio dei capelli. Una società forte in cui è importante il fattore umano, dove tutti sono considerati allo stesso modo, dove si vive in perfetta simbiosi con la natura, e dove il fulcro di questa vita è il manyatta. Il recinto di rami spinosi al cui interno vi sono le capanne della famiglia, ed al centro un ulteriore recinto per proteggere il bestiame dagli agguati dei predatori. Un luogo sacro il manyatta, tanto che se viene profanato gli anziani lo benedicono con dei riti e cerimonie particolari, cui è presente in modo spirituale il dio Nkai. L’unico che viene venerato dai samburu ed è inteso come la pioggia, portatrice di vita, ed il cielo come forma suprema.

 

MORANI… circonciso per diventare un guerriero

Era da diverso tempo che aspettavamo il momento giusto per poter assistere al rito della circoncisione, che segna il passaggio dalla giovinezza all’età adulta in un samburu. E’ un rito importantissimo per il giovane e per tutta la comunità, che coinvolge uomini, donne e bambini; ed anche difficilissimo da poter vedere, sia per il periodo da azzeccare ( fra i vari gruppi di età c’è un periodo di 12/14 anni ) e sia per la riservatezza dei samburu, che di rado lasciano vedere e documentare questi tipi di cerimonie. E adesso, a distanza di un mese, debbo dire che ha coinvolto emotivamente anche noi. Occorre dire che per diventare un morani, non basta la circoncisione, ma vi è un periodo precedente in cui i giovani vengono presi dagli anziani e portati fuori dal manyatta. In questo periodo apprendono le qualità morali, l’orgoglio che bisogna sentire nel profondo dell’animo e tutte le tradizioni della società samburu; si conoscono i rudimenti della caccia e come ci si difende da eventuali attacchi, si impara l’uso della lancia e del kissu, il coltello bilama che ogni samburu deve avere alla cintura. Al ritorno nella manyatta la madre lo accoglierà con il dono di una veste nera di pelle di capra, unta con grasso e carbone ( oggi alcuni hanno anche dei pezzi di stoffa nera, per non sacrificare un animale ), che il ragazzo porterà fino al rito della circoncisione. Nei giorni che precedono la cerimonia, i guerrieri morani sostengono psicologicamente il giovane, motivandolo a tal punto che in quel fatidico momento lui sia quasi in trance. Infatti abbiamo potuto constatare di persona come i ragazzi siano quasi sempre in mezzo ai morani, e perfino di notte al sorgere della luna, all’interno del manyatta si improvvisavano canti e danze propiziatorie fino all’alba, creando un’atmosfera di grande passione e coinvolgimento emotivo.

Abbiamo visto come la madre con amorevole cura ed impegno preparava all’interno della capanna, il giaciglio per il futuro morani, con i rami dell’acacia e le frasche messe sul tetto, ad indicarne il luogo. Saranno poi tolte quando il guerriero partirà con i compagni di circoncisione per la savana, ad affrontare altre prove di coraggio, di abilità e di adattamento. E’ venuto il momento di preparare il giovane layeni, che viene condotto all’interno del manyatta da un gruppo di guerrieri che avanzano cantando tutti assieme. Ad attenderli all’entrata del recinto è una madre, che talmente commossa, piange dalla gioia e, contemporaneamente, benedice con una piuma di struzzo imbevuta di latte e cenere il figlio. La tensione ed il coinvolgimento dei guerrieri è talmente forte, che due di loro cadono in trance. E’ un momento delicato e forte, almeno per noi, che restiamo per un attimo senza fiato, rapiti dal susseguirsi degli eventi. Due, tre morani, accorrono per immobilizzarli, e facendo pressione sul plesso toracico, riescono a calmarli. Seduto davanti alla capanna, si procede con il taglio completo dei capelli, che la madre effettua con una lametta, poi gli anziani del manyatta, preparano i sandali di pelle di capra che il giovane porterà nei giorni seguenti. Quindi il ragazzo viene condotto all’interno della capanna dove resterà per prepararsi mentalmente per la circoncisione di domani mattina. Nel frattempo gli anziani, seduti all’ombra di un’acacia, discutono dei particolari della festa. Le donne dall’altro lato si occupano dei preparativi culinari per gli ospiti che arriveranno dai villaggi vicini.
Gentilmente ci viene offerto un ciai ( tè al latte di capra ) in segno di benvenuto. In segno di ringraziamento per poter assistere alla cerimonia, abbiamo portato sacchi di miglio, fagioli, patate, zucchero e farina ( qui introvabili ) ed una mucca da sacrificare, e tanto tabacco da masticare per gli anziani.
Abbandoniamo in serata il manyatta, sapendo che per tutta la notte i canti struggenti dei morani accompagneranno mentalmente il ragazzo fino all’alba.

Sicuramente quello del moranato è il periodo più intenso, bello e ricco di avventure per un samburu. Anche amorose con le ragazze del villaggio, le più belle sono l’oggetto di desiderio di ogni giovane guerriero, che resterà fedele alla sua compagna e con la quale potrà avere rapporti sessuali, ma guai a restare incinta. La ragazza sarà deprezzata nel caso di matrimonio. Ci sono stati casi di morte per avvelenamento nella speranza di abortire!!! Il morani ha dei compiti particolari e precisi come quello di difendere il villaggio e le sue persone, deve portare nei periodi di siccità la mandria anche lontano alla ricerca di verdi pascoli. Questo può voler dire anche sconfinare in territorio nemico, i Turkana!!, con i quali hanno scontri violenti e perfino mortali. Il morani deve vivere al di fuori del manyatta ( può rientrare solo in caso di una grave malattia ) e procurarsi il cibo all’esterno. Guai a mangiare in presenza di donne!!! Il cibo principale è il saroi, un misto di latte e sangue tolto dalla vena giugulare dei vitelli. Con un colpo preciso di freccia, il sangue zampilla fuori e viene raccolto nel kibuyu ( piccolo contenitore ); poi con un bastoncino si mescola in fretta per evitare il coagulo e si beve liquido!!! E’ l’alba, anzi è ancora buio quando ci mettiamo in marcia per raggiungere il villaggio, dove sono tutti raccolti all’interno del recinto del bestiame, i morani e il giovane…tutti insieme cantano ancora per infondere coraggio. Ho appena saputo che farò da padrino e dovrò tenere per il torace durante il rito il ragazzo. Ho anch’io una tunica rossa che mi avvolgo sulle spalle.

Il capo cerimonia prende il giovane dal gruppo e lo porta davanti alla sua capanna. Gli viene tolta la tunica di pelle di capra, mentre il fratello maggiore gli versa sulla testa del latte mischiato alla cenere. Lo guardo per un momento in volto, e mi sembra dai suoi occhi gonfi di lacrime, che sia da un’altra parte, apparentemente assente. Anche il corpo, quando lo abbraccio per tenerlo, mi sembra duro, teso in tutti i suoi nervi. Viene seduto sopra la pelle di capra, quella dal quale il giorno prima avevano tagliato i sandali. Ora è di fronte al tagliatore, che per essere una persona anziana, debbo riconoscere che ha un taglio ben preciso. Tutto il villaggio e gli ospiti sono lì, a guardare, ad osservare che non fuoriesca neanche un lamento dalle labbra del giovane, che come tutti, ha mantenuto lo sguardo fisso sul tagliatore, nonostante il dolore immenso. In pochi minuti è tutto finito, e un bagno di latte e cenere sul coltello insanguinato e sul pene del ragazzo hanno sancito il termine della circoncisione. Ora sono all’interno della capanna, e come padrino devo controllare che il decorso sia buono. Pian piano entrano nella capanna gli amici, i parenti, anche il tagliatore viene a sincerarsi che tutto sia a posto. 

Dopo un po’ di tempo passato accasciato in un angolo, il ragazzo tira su la testa e mi lancia un timido sorriso…, sta bene e fra qualche giorno sarà in grado di lasciare il villaggio per andare nella savana, armato di arco e frecce con la punta ricoperta di una pallina di resina secca proveniente dalla montagna sacra Ng’iro. Nel frattempo i morani hanno preparato il sangue appena fuoriuscito dalla vena giugulare di un vitello, e lo porgono al giovane circonciso, che per qualche giorno si nutrirà solo di quello. Finalmente la tensione si va stemperando, ed iniziano i preparativi per le danze che coinvolgeranno i guerrieri morani, così belli nel loro aspetto fiero e minaccioso!!! Stupendamente abbelliti dalle lunghe acconciature impastate di ocra rossa e grasso; i corpi agili, snelli e muscolosi, abbelliti con disegni e motivi personalizzati...; una sfilata di moda che coinvolge anche le fanciulle, che fanno a gara per creare stili personalizzati e fantasiosi con perline colorate e bottoni, poi gli anziani e le donne sposate, provenienti dai vicini accampamenti. Tutto ciò, sarà un’esplosione di colori, di canti, di gioia che la società samburu ripete oramai da millenni, e che nulla sembra scalfire, nulla sembra aver modificato almeno qui da queste parti… e noi gioiamo di tutto questo, e siamo felici ed appagati guardando saltare in alto, verso il cielo, i giovani morani.