Sabato/Domenica 13/14 Novembre

La via dei castelli bolognesi

 

Oggi sappiamo che la vita nei castelli non era quella che ci immaginavamo nelle fiabe, ma i castelli continuano a mantenere il loro fascino. Tina ci propone giro che ci porterà a riscoprire quel mondo medioevale che ha costituito la ricchezza di questa regione, sempre in bilico tra stato e chiesa, che mantiene le memorie della gesta del Duca Valentino e quelle di Matilde di Canossa.

Lo andremo a vivere in un paio di giorni (il turista tipo cercherebbe di fare in fretta tutto, in un giorno, ma noi viviamo le cose in un altro modo)

Programma di massima

Mezzi

Auto, circa 470km’ il giro

Ritrovo alle 8.15 a Milano

Arrivo a Bazzano ore 10.30

Arrivo a Guiglia ore 18.00

Il resto si rifinisce secondo quanto preferito dal gruppo

Rientro a Milano entro le 20.00 del 14/11

 

Spesa prevista

Trasferimento

Macchina circa 55 € a macchina (compresa autostrada) in 4 persone son circa 14€ a persona

Mezza Pensione in agriturismo cena del sabato,  pernottamento, prima colazione della domenica 38€ a testa

Pranzo del sabato e della domenica, in libertà

 

 

Ma vediamo che cosa ci propone Tina.

Da Bologna, dopo Casalecchio di Reno, si percorre l'antica via Claudia detta anche "Strada dei Castelli Medievali".

Ad un certo punto appare alta e possente, la maestosa Rocca dei Bentivoglio nei pressi di BAZZANO,borgo di remote origini.

Dopo la visita alla rocca, per una stradetta minore si sale per 5 km a MONTEVEGLIO, piccolo borgo che appare su un dirupato sperone roccioso e che domina la vallata del torrente Samoggia.

Interessanti i ruderi, la chiesa e l'abazzia di Santa Maria,  di stile romanico.

Dopo l'anno mille, la fortezza appartenne alla contessa Matilde di Canossa, ma subi' vari attacchi nei secoli, dai longobardi ai lanzichenecchi...

Si prosegue per il castello di Serravalle, con il suo piccolo e pittoresco centro storico, posizionato su di un panormico poggio.

Le antiche mura che ancora lo cingono, racchiudono, oltre che case medioevali, un palazzotto dell'epoca delle Signorie, una chiesa trecentesca e i resti della possente Rocca.

Si prosegue per Guiglia, piccolo borgo, chiesetta e rocca, ma non ho molte notizie in merito.

Vignola, oltre alle celebri ciliege, ma ora non è stagione....si può vedere un bel castello trecentesco in un grazioso borgo.

e da ultimo, Spilamberto, con la famosa Rocca.

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Riferimento Tina - tina.a@iol.it

 

Oppure a Guido Platania

Tel 335/208784  - gp@helponline.it

La Rocca dei BentivoglioBAZZANO – LA ROCCA DEI BENTIVOGLIO

ORARIO DI APERTURA DELLA ROCCA
giovedì 15:30 - 19:00
sabato 15:30 -19:00
domenica 9:00 - 12:30 e 15:30 -19:00

Ingresso: € 1,50 comprensivi della visita al Museo Civico "Arsenio Crespellani"

E' disponibile anche un servizio di visite guidate alla Rocca bentivolesca e al Museo per gruppi di adulti, tutti i giorni della settimana, esclusivamente su prenotazione.
Il costo della visita, che dura circa 2 ore è di € 70,00.
Le prenotazioni si effettuano al numero 339/7612628 (risponde una delle guide).


Da fortezza contesa… L'Arco che consente l'ingresso alla Rocca lato sudLe origini della Rocca di Bazzano, a dispetto della leggenda che la vuole costruita da Matilde di Canossa, risalgono ad una data incerta ma sicuramente anteriore al Mille, nel periodo in cui in tutta l'area padana sorgevano castella o castra in difesa dalle invasioni barbariche. Nel 1038 il Vescovo di Modena Guiberto concede in enfiteusi il castello e la chiesa di Santo Stefano al Marchese Bonifacio di Canossa, padre di Matilde, la quale lo riceverà in eredità all'età di nove anni. Morta Matilde senza eredi il castello torna a Modena.

Le prime mura della fortezza vennero costruite nel 1218. Nel corso del Duecento la Rocca Tramonto sulla Roccaviene assediata dai Bolognesi per ben due volte: nel 1228 con risultato negativo e nel 1247, quando invece i Bolognesi riuscirono ad espugnarla, pare per un tradimento, e diedero ordine di demolirla completamente facendo trasportare le pietre a Monteveglio, dove furono utilizzate per una casa torre destinata ai funzionari bolognesi di quel borgo. La fortezza fu in seguito ricostruita da Azzo VIII d'Este tra il 1296 e il 1311.
Nel 1317 venne ricostruito anche il cassero posto sulla porta d'ingresso delle mura, l'attuale torre dell'orologio. Dopo il 1371 i marchesi d'Este ampliarono le mura della Rocca (la porta d'ingresso di queste nuove mura è da identificarsi probabilmente con l'arco posto alcuni metri più in basso del cassero scendendo verso il paese (l'ingresso sud, dal quale passano le auto, risale invece a fine '800, quando venne costruito l'attuale cimitero).

…a delizia rinascimentale

L'aspetto attuale dell'edificio risale però all'epoca rinascimentale, quando Giovanni II Bentivoglio lo trasformò in "delizia" signorile destinata alle vacanze in campagna. Dell'antico nucleo tardoduecentesco rimangono solo la torre sul lato sud e l'ala attigua. Per il resto i nuovi muri a filari alternati di laterizi e ciottoli vengono interamente intonacati e parzialmente ricoperti di pitture, di cui sono conservate solo poche tracce. Anche i merli a coda di rondine sono ridotti a puri motivi decorativi.
Di notevole interesse quanto rimane delle pitture parietali delle sale, in buona parte recentemente restaurate. Nelle sale a piano terra si possono osservare alcuni stemmi a tempera, con gli emblemi dei Bentivoglio (la sega rossa a sette denti) e della celebre dinastia milanese degli Sforza (l'onda bianca e azzurra e il drago con un uomo in bocca), che ricordano il matrimonio di Giovanni Bentivoglio con Ginevra Sforza. Le iniziali Ms Zo rinviano allo stesso Giovanni Bentivoglio ("Messer Zoane").
La Sala dei Giganti, la maggiore della Rocca, presenta una partitura architettonica di colonne, entro le quali sono inquadrati paesaggi (forse raffiguranti Bazzano e altre terre dei Bentivoglio) e grandi figure di armati con gli stemmi dipinti sugli scudi. Sul lato sud si osserva sovrapposto un centauro meccanico di stile futurista, dei primi del '900, tracciato al carboncino. L'adiacente Sala del Camino presenta un motivo decorativo con l'arma bentivolesca inquartata con quella degli Sforza racchiusa da una collana di perle entro una cornice quadrilobata a nastro. Nella sala successiva (notare il soffitto) si osserva il frutto dei restauri degli anni della prima parte del '900.

Un particolare degli affreschi della Sala dei GhepardiLa Sala dei Ghepardi è decorata col motivo del ghepardo entro una cornice di melograno, col motto "per amore tuto ben volgo soferire". La Sala delle Ghirlande presenta lo stemma dei Bentivoglio inquartato con quello primitivo degli Sforza (il leone rampante con un ramo di melograni, o mele cotogne, su fondo blu); le iniziali di Giovanni Bentivoglio sono qui alternate con quelle della moglie "Madonna Zinevra" (Ma Za; a Ginevra alludono probabilmente i rami di ginepro).

Gli ultimi secoli

La Rocca divenne successivamente sede del Capitanato della Montagna (notevoli i documenti dell'Archivio dei Capitani e dei Vicari, conservati in Comune) e, nei secoli seguenti, ospitò nei suoi ambienti le più svariate funzioni, da carcere (dove fu rinchiuso nel giugno del 1799 il poeta Ugo Foscolo) a teatro (nella Sala dei Giganti), da caserma a scuola, ad abitazioni private (ancora fino agli anni '60). Oggi gli ambienti della Rocca ospitano il locale Centro Musica (Mediateca Intercomunale) e il Museo Civico "Arsenio Crespellani"; la Rocca è utilizzata per svariati eventi pubblici e privati. Nella Cantina (ove sono visibili le antichissime fondazioni del castello) è allestito il Punto informativo dei prodotti della Strada dei Vini e dei Sapori "Città Castelli Ciliegi".

 

IL MUSEO CRESPELLANI

 

ORARIO DI APERTURA DEL MUSEO

giovedì 15:30 - 19:00
sabato 15:30 -19:00
domenica 9:00 - 12:30 e 15:30 -19:00
Ingresso € 1,50.

E' disponibile anche un servizio di visite guidate alla Rocca bentivolesca e al Museo per gruppi di adulti, tutti i giorni della settimana, esclusivamente su prenotazione.
Il costo della visita, che dura circa 2 ore è di € 70,00.
Le prenotazioni si effettuano al numero 339/7612628 (risponde una delle guide).

Reperti tardoantichi provenienti dal Pozzo SgolfoIl Museo, le cui origini vanno fatte risalire alla nascita della Società archeologica bazzanese nel 1873, ospita (I SALA) materiali del paleolitico, del neolitico (poderi Bellaria e Motta) e della media età del bronzo (scavo Contu sulla collina della Rocca), a cui seguono reperti dell'età del Ferro che testimoniano la fase villanoviana ed etrusca (sepolcreto delle Fornaci Minelli).

Nella II SALA sono esposti materiali romani rinvenuti in gran parte nel pozzo Sgolfo (Castello di Serravalle), oltre ad alcuni vetri e lucerne, mentre nella III SALA si può ammirare il contenuto del pozzo Casini (Bazzano). Si tratta di due casi di occultamento di beni all'interno di pozzi in età tardoantica per difenderli da saccheggi e da incursioni. Da rilevare due magnifiche brocche in bronzo dorato con manico finemente decorato e una riga per misure lignea, resti animali e vegetali.

Tra i materiali sporadici romani rinvenuti sul territorio (elementi di costruzioni ecc.) spicca una testa di dea (probabilmente Artemide) in marmo greco. Nella sala vi sono inoltre alcuni materiali (principalmente ceramica, inoltre ferri e vetri) di epoca tardomedievale e rinascimentale rinvenuti nell'ambito della Rocca. La sezione risorgimentale e moderna ospita armi e divise ottocentesche e novecentesche.
Il Museo Crespellani svolge un'intensa attività didattica per le scuole.

 

CHIESA DI SANTO STEFANO

CapSe non si può escluderepietra un’origine bizantina della chiesa, essa è menzionata per la prima volta nel 789; all’edificio di questo periodo risale probabilmente il reperto più antico attualmente conservato, un probabile frammento del portale in pietra d’impronta longobarda o carolingia. E’ invece conservato nella Rocca un capitello attribuito al periodo romanico.

L’attuale edificio è stato più e più volte modificato (la facciata è stata ricostruita dopo i
La Chiesa di Santo Stefanobombardamenti dell’autunno ‘44).
Originariamente la chiesa aveva un impianto a navata unica ed un orientamento opposto a quello odierno, con l’abside collocata dove oggi si trova l’entrata; tale assetto fu mutato nel corso dei secoli XVI e XVII nell’ambito della ristrutturazione della complesso della Rocca. Il campanile, recentemente restaurato, è del XVIII secolo.
Santo StefanoAll’interno, pregevoli opere quali il Santo Stefano di Simone Cantarini, all’altare; alcune tele di Gaetano Gandolfi, che fu autore anche di alcune telle della bella Via Crucis, opere di Crespi, di Alessandro Calvi e altri autori (Morte di San Giuseppe; Santa Lucia) e una bella scultura lignea raffigurante la Madonna della Pace. La chiesa è sede arcipretale.

MONTEVEGLIO

Parchi In Rete - Regione Emilia-RomagnaParchi In Rete - Regione Emilia-RomagnaIl Parco Regionale dell'Abbazia di Monteveglio tutela una significativa porzione di territorio collinare che si estende a ridosso dell'abitato di Monteveglio.
Nell'area protetta, delimitata a est e a ovest dal torrente Ghiaia di Serravalle e dal rio Marzatore, si alternano paesaggi agricoli che conservano gli assetti tradizionali della collina bolognese, ampie aree calanchive di notevole interesse geologico e ripidi versanti boscati che racchiudono piccole valli riparate di discreto valore naturalistico. La storica abbazia di Monteveglio occupa il punto più elevato del bel borgo medievale che si erge su uno dei rilievi principali del parco, inserendosi nella trama di antichi nuclei fortificati e centri religiosi che caratterizza la valle del Samoggia e quella vicina del Panaro.

Romani, Bizantini e Longobardi

Nella fertile fascia tra la pianura e la prima collina, sui terrazzi fluviali di Samoggia e Panaro, l'insediamento romano dovette ben presto fare seguito alla realizzazione della Via Emilia (187 a. C.) e alla fondazione delle colonie di Modena e Bologna, anche se i reperti suggeriscono un intenso popolamento sparso piuttosto che la presenza di un vero e proprio agglomerato. Sulla base di questi ritrovamenti Crespellani ipotizzò il tracciato di una strada, "l'antica strada Claudia alle pendici dei colli modenesi e bolognesi", detta anche "Predosa", che da Bologna attraverso Zola Predosa e Bazzano, forse seguendo il percorso villanoviano, intercettava una direttrice per la Toscana tra Samoggia e Panaro. Tutta la zona, divisa dal confine tra i municipi di Modena e Bologna che correva lungo il Samoggia, venne sicuramente interessata dall'espansione dell'agro centuriato molto al di sotto della via Emilia. Nell'odierna viabilità se ne riscontrano ancora i resti, in particolare un tratto residuo di cardo massimo che, con il toponimo medievale di via Cassola, giunge fin sotto al colle di Monteveglio. Si suppone che nel periodo romano e nel primo medioevo a Monteveglio sorgesse il capoluogo di un importante "pago" esteso tra Panaro e Samoggia e forse anche sulla riva destra di quest'ultimo verso Oliveto. Gli scarsi reperti di epoca romana, restituiti soprattutto dal torrente, suggeriscono l'esistenza di diverse villae lungo la vallata: una statuetta in bronzo di Diana cacciatrice (conservata a Bologna), una testa in marmo di dea (oggi a Bazzano), tombe romane e frammenti di anfore vinarie. Anche nell'antico borgo sono presenti reperti romani: fregi marmorei tra le pietre della facciata di un edificio, frammenti di colonne di fianco a una porta, una lapide come mensa d'altare nella cripta della chiesa di S. Maria. Durante il periodo bizantino Monteveglio fu dal secolo VI una fortezza dell'Esarcato di Ravenna e insieme a Ferroniano, Persiceto, Verabolo e Buxo (il podere Bucco vicino a Bazzano) fece parte della linea difensiva lungo il confine con la Longobardia. Le prime notizie precise risalgono a Paolo Diacono e Anastasio Bibliotecario, vissuti nel secolo IX, che descrivono la Monteveglio bizantina come una città estesa e florida. Ma già con l'invasione dei Longobardi di Liutprando, che la conquistarono nel 728, iniziò la decadenza: da città divenne un semplice castello che mantenne comunque, anche dopo l'avvento dei Franchi, un importante ruolo militare e amministrativo

Una terra di frontiera e di grandi battaglie

Quando Carlo Magno, occupati i territori longobardi, pose i confini del suo regno intorno a Bazzano, la valle del Samoggia venne a trovarsi nuovamente in una zona di frontiera. Tra i secoli IX e X, anche in seguito alle invasioni ungare, nella valle vennero eretti nuovi castelli, in parte sulle rovine di quelli bizantini (Monteveglio, Bazzano, Oliveto, Serravalle, Zappolino, Savignano). A metà del secolo X buona parte della vallata, dove aveva estesi possedimenti l'Abbazia di Nonantola, divenne feudo dei Canossa: dei beni della contessa Matilde fecero parte Bazzano, Monteveglio e le fortificazioni di Monte Morello e Monte Alfredo (oggi Monte Freddo). Il cuore del parco fu teatro di un celebre episodio della lotta per le investiture tra papato e impero, culminato nel 1092 con l'assedio del castello di Monteveglio, che resistette vittoriosamente e, con una felice sortita dal vicino colle della Cucherla, inflisse una dura sconfitta all'esercito di Enrico IV (che vi perdette il figlio). Dopo la vittoria Matilde consolidò e accrebbe con beni il castello e la pieve, concedendo ai sudditi particolari privilegi. Dopo la sua morte si manifestarono i primi segni della ripresa cittadina e Monteveglio divenne libero comune, alleandosi alternativamente con Modena e con Bologna nelle interminabili lotte tra le due città. La battaglia più celebre si svolse nel 1325 presso il castello di Zappolino, nei prati di Saletto e Parviano, e i Modenesi, con un forte esercito ghibellino, compirono una vera strage tra i Bolognesi (fu la battaglia che ispirò a Tassoni "La secchia rapita"). Questo destino guerriero si protrasse per secoli, in un succedersi di scontri e battaglie, culminando nel celebre tentativo di conquista di Monteveglio da parte dei Lanzichenecchi, al seguito delle milizie imperiali di Carlo V, che nel 1527 posero l'assedio al castello; la leggenda narra che un'improvvisa e imponente nevicata li costrinse a desistere (in ricordo ogni anno si tiene una processione votiva).

 


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IL CASTELLO DI SERRAVALLE

Un po’ di storia:

Dopo la caduta dell’esarcato di Ravenna che aveva autorità sul territorio del Samoggia, le comunità che abitano nella valle si ergono a comuni autonomi. Nascono i castelli di Zappolino, di Tiola, di Cuzzano e altri.

E nasce Serravalle come borgo franco (1227), strumento di vitale importanza nel controllo di un vasto territorio. Il “castrum Seravalis” figura fra le proprietà dell’abbazia di Nonantola fino al 1229, mentre, in seguito, si ha la giurisdizione della Judiciaria di Monteveglio. Un bassorilievo fa risalire al 1235 la prima data sicura del possesso bolognese, con l’insediamento del primo capitano della montagna: Jacopino da San Lorenzo in collina.

Che Serravalle svolga un ruolo importante nell’economia di queste zone di confine lo testimoniano, oltre alle ruberie, alle rapine e alle discordie intestine fra le comunità dei singoli castelli, anche le tante scaramucce fra bolognesi e modenesi per il possesso di questo territorio. 

Col passare degli anni il castello di Serravalle acquista sempre più importanza per la sua posizione strategica a cavallo fra le vallate del Panaro e del Samoggia.

Il presidio bolognese si trova così a controllare due versanti: una sentinella “cara” quanto indispensabile: una sentinella a guardia di due mondi, di due culture, di due ambienti geografici differenti.

I rapporti fra Bologna e Modena peggiorano fino allo scontro di Zappolino (1325) ma la zona passerà ancora per molte mani: sarà proprietà dei Visconti, poi dei Bentivoglio, dello Stato della Chiesa e di altri ancora.

I castelli, mano a mano che matura la politica territoriale e quella delle armi da fuoco, si riducono a semplici ricordi storici quando addirittura non scompaiono.

Di quello che è stato uno dei più popolati castelli del Medioevo (nel 1303 si contano ben 91 fumanti, vale a dire unità familiari di tassazione) oggi rimangono imponenti tracce nella sola porta castellana del cassero turrito inserita nella cinta delle mura.

Nessuna traccia dei mezzi baluardi che fiancheggiano le mura, nessuna del grande fossato attraversato dal ponte levatoio.

La rocca a pianta romboidale risale al XVI secolo e sorge sulle rovine di quella abbattuta per ordine del Senato nel 1451: all’interno è ancora visibile un avanzo della vecchia struttura: un muro ed una porta in pietre ed una porta in pietre di forma parallelepipeda.

Altri interventi e manomissioni non sono tuttavia riusciti a scalfire l’unicità di un’atmosfera che, varcata la porta castellana consegna a sensazioni molto profonde: quella che doveva essere la vita in un borgo fortificato medievale ci ricorda qualcosa che assomiglia al “Deserto dei Tartari”. Ma i Tartari, presenze concrete, portano il nome di “Ghibellini”.

Ancora nel 1796 la Rocca ospitava una fornita armeria per armare 40 uomini.

Serravalle, Zappolino e Tiola verranno riunite durante l’epoca napoleonica (1815) e la sede comunale verrà trasferita a Castelletto, allora piccola borgata di poche case poste al centro di questo territorio.

Nel 1861 Castello di Serravalle entra a far parte del regno d’Italia e successivamente partecipa alle vicende politiche e sociali dello Stato Italiano.

I suoi abitanti partecipano ad entrambe le due guerre mondiali; numerosi sono i caduti e importante è il contributo dato alla Resistenza e alla ricostruzione nel dopoguerra.

 

 

I SENTIERI E LE PASSEGGIATE

 A piedi o a cavallo, si possono scoprire gli angoli più belli del territorio di Castello di Serravalle.

Una rete di sentieri e stradine di campagna, contrassegnata con i classici segnavia bianchi e rossi del C.A.I., si sponda tra le colline, i vigneti, i calanchi e i piccoli borghi.

Tre sono gli itinerari più importanti:

1.                               Il classico “Sentieri dei Calanchi” che parte da Castelletto e forma un grande anello entrando al centro dell’anfiteatro calanchivo di Tiola e Maiola. Il tratto Castelletto – Zara – Maiola- Tiola può essere comodamente percorso in circa 3 ore.
 

2.                              La “Via Longobarda” così chiamata perché ripercorre l’antico tracciato che collegava Nonantola alla Toscana e a Roma passando anche per la Valle del Samoggia: provenendo da Monteveglio si passa nei pressi di Serravalle, di S. Apollinare, Montalogno e Tiola. L’intero tragitto Monteveglio – Tiola si percorre in circa 5 ore.
 

3.                              Il “Sentiero Samoggia”, un percorso naturalistico che costeggia il torrente omonimo da Calcara (Crespellano) fino a Savigno passando da Fagnano e Ponzano. Il tratto Fagnano – Ponzano si snoda quasi interamente nel bosco ripariale e si percorre in circa 1 ora.

GUIGLIA

L'antico Castello di Guiglia, distrutto da un violento incendio nel 1361 venne ricostruito in circa quarant'anni, e completato verso la fine del XIV secolo. A tale fase è ascrivibile la torre attuale e l'ala orientale del castello, un tempo munita di ponte levatoio. Danneggiato dal terremoto del 1571, fu successivamente oggetto di saccheggi fino a quando, nel 1630, il Marchese Francesco Montecuccoli iniziò lavori di radicale trasformazione dell'antica rocca in sontuosa residenza nobiliare della sua famiglia. In tale occasione fu rimosso il ponte levatoio e chiusa la vecchia porta a oriente, furono ampliati gli appartamenti e creato un nuovo e prestigioso accesso, l'attuale, costituito da un alto portale sormontato da un timpano sostenuto da colonne attraverso il quale si accede ad una loggia decorata da pregevoli stucchi. All'interno delle mura esisteva anche un convento di Carmelitani, con l'annessa chiesa. Alla fine dell''800 il castello fu messo all'asta perché gli eredi dei Montecuccoli non pagavano le tasse e in seguito fu trasformato in albergo. Il pregevole complesso, dopo travagliate vicende, è infine divenuto di proprietà comunale.

La torre del Pubblico, collocata davanti all'originario ingresso della rocca, (risalente presumibilmente da una data letta dallo storico Giannotti all'anno 1535), ha pianta quadrata, portale in cotto ad arco a strombo ed è sormontata dalla cella campanaria arretrata dotata di campana seicentesca. L'edificio attiguo sembra fosse la Casella in cui si svolgevano le adunanze della Comunità.

Nei pressi del Castello sorge l'Oratorio della Madonnina che fu fatto costruire alla fine del XVII secolo da Ottavia Caprara, vedova del marchese Giambattista Montecuccoli, per ospitare un'immagine dipinta su carta della Beata Vergine di San Luca, precedentemente collocata su un pilastrino posto presso la ripa del Campo superiore ed alla quale erano attribuiti numerosi miracoli. La costruzione fu terminata dal figlio Raimondo nel 1715 e pochi anni dopo vi fu traslata l'immagine.

Il corpo interno dell'oratorio consiste in tre nicchie con unico altare collocato in quella di mezzo. Ripostiglio e sagrestia sono ai lati dell'ingresso.

La cupola è sormontata da una lanterna circolare. Anche il tamburo è a pianta circolare ed è affiancato da un campaniletto a vela. Il portale, con profilo superiore semiottagonale, è sottolineato da una cornice modanata in terracotta.

All'interno conserva tre tombe dei marchesi Montecuccoli Laderchi e numerosi ex voto di fattura popolare.

Dopo essersi sottomessi agli Estensi, i signori di Guiglia iniziarono, nel 1362, la costruzione di un nuovo castello. Nel 1630 il duca Francesco I d'Este infeudò Guiglia ai Montecuccoli che trasformarono la rocca in sontuoso palazzo signorile, inoltre fece iniziare la costruzione di un convento per gli Scolopi, dotandolo di ricchi possedimenti, con l'onere di educare la gioventù. La famiglia dei Montecuccoli conservò il dominio fino alla fine del secolo XVIII, quando fu abolito il sistema feudale. Il complesso è circondato da un parco.

Accessibilità: visitabile internamente

La Rocca di Vignola e la sua storia


Il profilo della città di Vignola si identifica con la sua celebre Rocca, uno degli esempi più interessanti di architettura fortificata della Regione.
Citata già nel secolo IX, la tradizione la vuole fondata da Sant'Anselmo abate di Nonantola, come presidio a difesa dei territori dell'Abbazia.
Soggetta nel X secolo al Vescovo di Modena, la Rocca passò successivamente al Comune di Modena sotto la cui giurisdizione rimase fino al 1227, per passare ai Grassoni che la tennero fino alla fine del 1300 quando gli Estensi la infeudarono alla famiglia Contrari di Ferrara, nella persona di Uguccione (1401).

Sorta come struttura difensiva (all'epoca dei Grassoni alla preesistente torre Nonantolana furono aggiunte tre torri merlate denominate rispettivamente "delle Donne", "del Pennello" e "dell'Orologio"), con la signoria dei Contrari la Rocca fu trasformata in sontuosa dimora ricca di decorazioni ed affreschi sul modello delle dimore estensi ferraresi.
Estinta la dinastia dei Contrari con l'assassinio di Ercole,la Rocca fu acquistata nel 1577 dalla famiglia Boncompagni che conservò la signoria sino al 1796, quando, a seguito della conquista napoleonica, Vignola divenne capoluogo di Cantone del Dipartimento del Panaro.
Nel corso dell'800 la Rocca ospitò, sparsi tra i vari piani, gli uffici comunali, la biblioteca e i primi locali della nascente Cassa di Risparmio, che nel 1965 ha acquisito la proprietà del Castello per poi cederla nel 1998 alla Fondazione Cassa di Risparmio di Vignola, che oggi provvede alla migliore gestione e valorizzazione della Rocca, anche organizzando nelle sue sale eventi culturali di notevole interesse.
Le Sale della Rocca derivano i loro nomi dai motivi ricorrenti raffigurati negli affreschi, tutti risalenti alla prima metà del XV secolo, all'epoca della signoria dei Contrari.
Al pianterreno: Sala dei Leoni e dei Leopardi; Sala delle colombe; Sala Degli anelli.
Al piano superiore o Nobile: Cappella decorata con un prezioso ciclo di affreschi tardo-gotici; Sala delle Dame; Sala del Padiglione; Sala degli Stemmi; Sala dei Tronchi d'albero.
Dopo la salita al cassero, dal quale si gode una splendida vista sulla piazza antistante la Rocca dominata da Palazzo Boncompagni e sull'antico borgo di Castelvecchio, è possibile visitare gli alloggi degli armigeri, poi trasformati in prigioni, e i camminamenti di ronda che collegano tra loro le torri. Nei sotterranei si trova la suggestiva Sala dei Contrari, oggi utilizzata per convegni, conferenze e concerti.
Costruito nella parte bassa della torre di guardia alla Rocca, l'Oratorio di Santa Maria fuori Porta Posterla contiene affreschi venuti alla luce in seguito ai restauri del 1976 ed un tondo in gesso dorato con l'immagine della Madonna col Bambino ora trasferito nella Rocca e sostituito con un calco in gesso.

 

Palazzo Boncompagni (o Palazzo Barozzi)
Sorge su un lato della piazza dei Contrari antistante la Rocca e fu realizzato intorno al 1566-67, per volere di Ercole Contrari, dall'architetto ferrarese Bartolomeo Tristano, all'epoca operante per il duca di Modena Alfonso II.
Edificato su progetto del noto architetto vignolese Jacopo Barozzi, l'edificio consta di un corpo centrale e due laterali, con portale a bugnato.

All'interno si può ammirare la scala a chiocciola a pianta ovale costruita da Bartolomeo Tristano sempre su disegno del Barozzi.
Passato ai Boncompagni, dopo essere stato trascurato per molto tempo, nel 1880 per volere del principe Antonio Boncompagni Ludovisi fu affrescato dai pittori modenesi Fermo Forti e Angelo Forghieri.
In facciata si trova la targa in bronzo con l'effigie dell'architetto Iacopo Barozzi detto "il Vignola", opera dello scultore savignanese Giuseppe Graziosi. (1905 ca.)
Di proprietà della Parrocchia di Vignola, è sede del Circolo ACLI

 

Chiesa Parrocchiale dei SS.Nazario e Celso
In origine costruita nelle immediate vicinanze del Castello è menzionata ufficialmente per la prima volta in un documento del 1299 assieme alla chiesa di San Martino in Centoripe. All'epoca di Uguccione dei Contrari la chiesa fu ricostruita ed ampliata entro le mura del castello. Nel 1680 fu ampliata e ricostruita in stile corinzio su disegno di Zaccaria Pellini. Innalzato il corpo centrale della chiesa, il braccio trasversale della croce latina, il presbiterio e il coro rimasero incompiuti a causa di dissensi interni alla comunità parrocchiale. I lavori di completamento ripresero solo a partire dal 1792 quando la direzione dei lavori fu affidata al Toschi, che ridusse l'originario progetto del Pellini: nel braccio sinistro della croce latina venne costruita la sagrestia con accanto il presbiterio, mentre il coro venne adattato in uno spazio piuttosto angusto dietro l'altare maggiore. Nel 1841 l'architetto Cesare Costa venne incaricato dell'ampliamento della chiesa ridotta a forma basilicale: furono abbattuti il vecchio coro e la sagrestia.

L'ultimo intervento in ordine di tempo risale al 1889 quando, sotto la direzione dell'architetto Carlo Barberi, fu completata la facciata in stile classico con colonnati e capitelli corinzi. Nel 1890 alla sommità del campanile fu collocata una cuspide per consentire alla chiesa di imporsi maggiormente nel contesto urbano. Oggi la chiesa si mostra in tutta la sua imponente facciata di ordine gigante, sormontata da un frontone con decorazioni a cornice. Nell'interno a tre navate si conservano dipinti di Elisabetta Sirani, Francesco Stringa e Adeodato Malatesta e una Pietà in bronzo dorato dello scultore vignolese Ivo Soli.

 

Santuario della Madonna della Pieve
Alla periferia della città, a lato della strada per Marano sul Panaro, si trova l'antica chiesa che la tradizione vuole eretta all'epoca di Liutprando, re dei Longobardi, sulle fondamenta di un tempio pagano. Fu intitolata a San Martino: da documenti d'epoca si rinviene infatti la denominazione di un San Martino in centum ripis, a causa del dissesto orografico ed idrografico del luogo.
La prima menzione certa della chiesa, tuttavia, compare in un documento del 1174: ubicata presso i confini di Campiglio, sorgeva ai piedi dei colli con la facciata sulla via Claudia che da Savignano volgeva verso il Panaro.

Crollata quasi completamente nel 1400, sulle sue rovine nel 1665 fu eretto un oratorio che conservò dell'antica pieve romanica solo le absidi superstiti.
Nel tempietto, dedicato alla Beata Vergine della Pieve, fu collocata una statua che si suppone risalga al XIII secolo raffigurante la Madonna in trono col Bambino, ancora oggetto di grande venerazione.
L'attuale edificio conserva l'aspetto seicentesco: è preceduto da un portico, è dotato di un piccolo campanile sul tetto e lateralmente si innesta ad un fabbricato adibito a canonica.
Soltanto la parte absidale, con volta a sesto acuto, e gli attacchi delle arcate, con semicolonne in cotto e capitelli svasati, fanno parte della costruzione primitiva.
Murati nell'abside di mezzo si vedono due frammenti in pietra con rilievi a treccia, testimonianze di un più antico edificio.
Le tradizionali funzioni che si celebrano il primo sabato di maggio e l'8 settembre testimoniano il forte legame, ancora oggi esistente, tra l'antica Pieve e la popolazione vignolese.

 

Chiesa di Santa Maria in Tortiliano detta "La Rotonda"
Ubicata sul Poggio Ericino, la Chiesa di Santa Maria in Tortiliano così citata in un documento dell'826, fu riedificata completamente nel 1491 per volere del nobile vignolese Bartolomeo Moreni, secondo i modelli architettonici rinascimentali diffusi in area lombarda.
Il tempietto ha rigorosa pianta circolare ed appare formato da due cilindri sovrapposti.
L'interno, circolare, si articola in modo armonico su otto nicchioni scavati nella muratura del primo ordine del tamburo coperto da una cupola emisferica.La derivazione da invenzioni bramantesche, diffuse in Lombardia e accolte in Emilia proprio alla fine del Quattrocento, resta evidente nella calibrata euritmia dei volumi interni e nella sobria compattezza dell'insieme. All'interno si trovano un affresco con la Madonna in trono con il Bambino e donatori ed un paliotto in scagliola del XVIII secolo con decorazione a racemi che delimitano lo scudo gentilizio della famiglia Moreni. La Chiesa è oggi di proprietà privata.

 

Villa Tosi-Bellucci
Sede comunale dal 1916, l'antica proprietà dei Bellucci modificata ai primi dell'Ottocento su disegno dell'architetto vignolese Giuseppe Maria Soli, si presenta oggi con un corpo centrale quadrato di gusto neoclassico e due corpi laterali aggiunti in un periodo successivo.
All'interno è possibile ammirare gli affreschi del pittore vignolese Pietro Minghelli.

All'esterno, collocato al centro del giardino il Monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale, opera dello scultore vignolese Luigi Bondioli.

 

Villa Braglia
Presenta la tipica struttura della residenza della borghesia agraria emiliana: un imponente edificio decorato sull'esterno con motivi a candelabre.
L'interno ed il giardino, ora scomparso, furono progettati dallo scenografo modenese Andrea Becchi.

 

Torre Galvani e giardino pensile

Delle quattro torri inserite nella cerchia delle mura e che prendevano il nome dalle famiglie che ne avevano la custodia (la "Fontana" o del Cannone, la "Moreni", la "Galvani", e la "Emiliani") resta soltanto la torre dei Galvani, con il caratteristico galletto segnavento.
La torre fa parte di uno degli itinerari delle "Case Torri", tra le quali si segnala la Torre del Sale in località Tavernelle.
Dalla strada è possibile intravedere il giardino pensile, realizzato nel XV secolo dalla famiglia Galvani sulla cinta muraria e trasformato ai primi dell'Ottocento in un raffinato giardino neoclassico, un "unicum" nel panorama dei giardini emiliani.

Da segnalare la Villa dei Galvani, d'epoca neoclassica, decorata al suo interno con affreschi di Pietro Minghelli, residenza di villeggiatura e cenacolo culturale dei conti vignolesi. La Torre, la villa e il giardino sono attualmente di proprietà privata.

 

Casa Natale di Ludovico Antonio Muratori
La casa dove il 21 ottobre 1672 nacque Ludovico Antonio Muratori, è situata nel centro storico di Vignola su via Selmi al nr. 2. Di aspetto modesto, la costruzione consta di due piani ed un portico laterale. All'interno è stato riaperto al pubblico, dopo un accurato restauro, lo "studiolo" del Muratori, con gli arredi dell'epoca.
Il piano terreno è adibito a spazio espositivo, denominato "Salotto Ludovico Antonio Muratori" ed ospita, da settembre a giugno e con cadenza quindicinale, mostre personali e collettive di artisti provenienti da tutta Italia, organizzate dall'Associazione culturale "Amici dell'Arte" di Vignola.
Orario di apertura: giorni feriali dalle ore 16.00 alle ore 19.00; giorni festivi dalle ore 10.00 alle ore 12.00 e dalle ore 16.00 alle ore 19.00; lunedì chiuso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SPILAMBERTO - Rocca Rangoni

 

Diametralmente opposta al Torrione è la Rocca Rangoni: costruita dai Modenesi all'inizio del XIII secolo e più volte modificata fino ad assumere l'aspetto attuale.
Originariamente orientata verso il Panaro, dalla cui parte era l'ingresso principale, conserva ancora le tracce dell'antico ponte levatoio e delle mura perimetrali.
Diventa abitazione dei Rangoni negli anni 1650/60, quando fu trasformata da fortezza a residenza: fu intonacata ed affrescata, sia all'interno che all'esterno, ma dei dipinti esterni rimangono oggi poche tracce.
Il balcone che guarda Piazza Roma risale al sec. XVIII, mentre il lato dell'edificio antistante il Panaro mantiene l'aspetto quattrocentesco, con merlature e caditoie. La Rocca è tuttora residenza dei marchesi Rangoni.
Sempre dei Rangoni è la Villa Ida, che si incontra venendo da Bologna, subito dopo il ponte sul Panaro. E' opera dell'architetto modenese Cariani e risale ai primi anni del Novecento.
Le Rudere Mura Castellane e la Torretta di Guardia sono visibili in Via Savani e furono costruite nella prima metà del sec. XIII; racchiudevano il castello all'interno di una pianta rettangolare, tipica del "castrum" romano, con torrette di guardia agli angoli.
La Comuna Vecchia o Palazzo del Governatore è situata tra Via Obici e Piazza Roma. L'edificio fu costruito nel 1425 da Guido II Rangoni con denaro pubblico ed eletto a sua abitazione.
Nel sec. XVIII divenne sede del Giusdicente Civile e Penale e tra la fine del secolo scorso e la prima metà degli anni trenta, sede del Comune. Il grande complesso ad esso retrostante è chiamato lo Stallone: già sede del presidio militare di cavalleria, successivamente ospitava le stalle dei Signori. Ancora sono visibili le antiche merlature.

 

TORRIONE MEDIEVALE

 

Costruzione dei primi anni del sec. XIV eretta dal Comune di Modena per fortificare ulteriormente l'ingresso all'antico borgo a ridosso delle mura.
Era munito di ponte levatoio posto a difesa del castello.
Nel 1947, durante lavori di restauro per sanare i danni arrecati dall'ultimo conflitto mondiale, fu scoperta una cella segreta (mt. 2 x 1.50) i cui muri erano interamente ricoperti da iscrizioni graffite: un vero e proprio diario tenuto da un prigioniero che aveva viaggiato molto, non del tutto, incolto, amante dello "stil novo", che si esprimeva in rima.
La cella narra la storia di "Messer Filippo": è una storia tragica fatta di amori proibiti che condussero alla morte in questa angusta cella il loro autore.
La leggenda vuole che, prima del supplizio, Filippo abbia fatto udire il suo lamento che ancora echeggia nelle notti estive.
Questa cella attira diversi studiosi - anche stranieri - e dopo i numerosi servizi giornalistici e televisivi che l'hanno vista protagonista i turisti sono sempre più frequenti.
Il corpo adiacente è del primo dopoguerra. Le stanze a piano terra ospitano la Mostra permanente di Archeologia nel Fiume Panaro. Restaurato recentemente, il Torrione, con vista panoramica è visitabile telefonando allo 059/789.964 Ufficio Cultura del Comune di Spilamberto